Benvenuti al Palace delle meraviglie

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Il ricordo di molti italiani quando si menziona il Caesars Palace di Las Vegas va ai leggendari incontri di boxe che, dagli anni ’70 in poi, misero in ombra l’altrettanto mitico New York’s Madison Square Garden. Nella sua arena combatterono Thomas Hearns, Sugar Ray Leonard, Marvin Hagler, Larry Holmes, Roberto Duran e vi ebbe luogo anche quello (solo filmato) di Rocky Balboa nel terzo episodio della sua saga cinematografica. Il ricordo di qualcun altro va invece ai fastosi e rutilanti show di Liberace, di Judy Garland, Frank Sinatra, Cher, Elton John, Diana Ross, Celine Dion, Julio Iglesias, David Copperfield, Mariah Carey e altre grandi pop star internazionali. In breve, l’immaginario collettivo rende ancor più gigantesco e stupefacente questo complesso alberghiero rispetto alle sue reali dimensioni, che pur vanno oltre la scala a cui siamo abituati. Luogo strabiliante e nell’immaginario collettivo, di piacere sfrenato, di lussi, ma sopratutto di gioco e intrattenimento, ospita 3.960 camere distribuite in sei torri dai nomi romani. Le sue lussuosissime suite di 100 mq sono dotate di tutti i comfort. Il suo casino di 15.000 mq e i suoi 25 ristoranti e caffè di varia raffinatezza creano attorno al “Palazzo dei Cesari” un alone di un’opulenza ostentata senza falsi pudori. La recente ristrutturazione del Bacchanal Buffet, un ristorante da 500 posti che sovrasta la più famosa piscina del mondo, ovvero quel Garden of the Gods che vorrebbe rievocare i fasti di una Roma potente e decadente, contribuisce a rafforzare ulteriormente l’aura di questo luogo singolare.

Tutto ebbe origine, in realtà come nelle innumerevoli, classiche storie di Las Vegas, quando Jay Sarno avviò, nel 1962, la costruzione del suo hotel di 14 piani, al quale demandava la missione di trattare ogni ospite come un Cesare, inserendosi nel mainstream dell’edonismo estremo che ispirava in quegli anni la crescita accelerata della Strip. Nel 1966 ebbe finalmente luogo l’inaugurazione del nuovo complesso. Il tutto era costituito da un corpo centrale a semicircolare con due ali a colonnato che ricordavano vagamente quelle di Piazza San Pietro. Al centro cinque fontane e due file di cipressi: in breve, una piccola oasi nel deserto del Mojave. Per festeggiare l’evento ebbe luogo uno storico concerto di Andy Williams, allora all’apice della popolarità, che inaugurava una lunga serie di show memorabili. Da quell’anno iniziò anche la progressiva espansione di questo complesso immobiliare che oggi occupa una superficie di quasi 500.000 mq. La storia del Palace fu caratterizzata da una serie di eccessi estetici e architettonici tipici di una eye-popping extravagance indotta dalla dura lotta per stupire e catturare l’attenzione di un pubblico sempre più avido di novità e sempre più viziato dalla chiassosa apparizione e dal dazzlement di nuove e sbalorditive realtà.

Cesar Palace - Interno
Cesar Palace – Interno

Giunse così il 1992, un anno importante nella storia del retail, in quanto segnò l’inizio di un’altra fase espansiva e innovativa dei centri commerciali. La proprietà del Caesars Palace, che aveva intuito la tendenza in atto, inaugurò dunque il proprio shopping mall: The Forum Shops at Caesars. Si trattava di un “luxury mall”, di circa 60.000 mq, connesso al celeberrimo hotel-casinò e preceduto dalla più spettacolare entrata tra le tante della Strip. Attualmente, essa si sviluppa secondo un disinibito stile da romanità hollywoodiana, mentre i suoi esterni copiano, senza falsi pudori, i capolavori architettonici della nostra capitale, prima tra tutti la Fontana di Trevi. L’atrio, che tanto scandalizza i puristi e disistimatori di questo kitsch scenografico, presenta arcate e gigantesche cariatidi, una grande vasca mosaicata e soffitti a cassettoni. Le sue curiose scale mobili a chiocciola conducono poi al mall, il tutto nell’ambito di un eclettismo citazionista senza freni.

Cesar Palace - Esterno
Cesar Palace – Esterno

Il Forum, che fu inizialmente progettato come un’estensione della struttura alberghiera, nel tempo acquisì tuttavia piena e autonoma rilevanza. Si rivelò infatti un tale punto di richiamo da essere dislocato direttamente a ridosso della Strip. Dai 90 negozi iniziali il numero dei tenant è quasi raddoppiato, forzando il mall a occupare ancor maggior spazio. Oggi conta più di 160 negozi e boutique di alta moda appartenenti a tutte le firme più prestigiose: da Valentino a Louis Vuitton, da Versace a Tiffany. Il tutto si sviluppa nella specifica spettacolarità del luogo e nella commistione di eleganza e raffinatezza fuse in un contesto esteticamente “scandaloso”. È un tentativo di mimesi della “città eterna” riprodotta attraverso una sintesi estrema, semplificata e ironica, conosciuta anche con il nome di “make-believe historical architecture”. Basti pensare infatti al tempietto “neoclassico” di Gucci o al palazzetto di Louis Vuitton. Il tutto sotto l’azzurro cielo italiano artificiale proiettato sulla volta del mall e rispecchiato dalla lucida pavimentazione di finto porfido romano. Questa teoria di negozi prestigiosi, tra cui un ammiratissimo Ferrari store e uno H&M davvero spettacolare, è completata da oltre a 17 ristoranti di alta classe tra cui il Gordon Ramsey o il Guy Savoy e altri gestiti da chef quali Bobby Flay e Wolfgang Puck.

La singolarità di questo mall risiede senza dubbio nel suo design, ancor oggi assolutamente unico nel suo genere. L’assenza totale di luce esterna rende il suo percorso particolarmente suggestivo. Ogni scorcio e ogni ambientazione risponde infatti a una regia teatrale che prescinde da ogni riferimento temporale. La penombra permanente che caratterizza il luogo nella sua struttura cavernosa che si sviluppa lungo un tracciato quasi lineare, ma reso leggermente tortuoso, è finalizzata a indirizzare l’attenzione sulle vetrine luminose dei vari negozi. Questa soluzione sfrutta inoltre il frequente cambiamento delle prospettive enfatizzate dagli slarghi di quattro piazze disposte lungo il percorso. L’organizzazione degli spazi è, in sostanza, tesa a ricostruire le atmosfere di una Roma attuale immaginaria e sovrarappresentata dalle iperboli visive costituite da diversi punti di entertainment. Il riferimento più immediato è, per esempio, all’incredibile rappresentazione delle divinità romane robotizzate, con giochi d’acqua e di luce che si ripete in una di queste piazze, in determinate ore del giorno. Al di là dell’improbabile melange di riferimenti citati, questo spettacolo attira infatti sempre una folla entusiasta, suggestionata dalla lunga serie di effetti speciali previsti.

Quel che più stupisce l’osservatore professionale è, tuttavia, l’abilità e la lungimiranza con cui quest’opera, che qualcuno definirebbe “folle”, è stata concepita e realizzata. Forum Shops esprime e concentra in sé, infatti, tutti i fattori chiave di un duraturo successo di un moderno shopping center di alta gamma: dalla perfetta location (sulla celeberrima Las Vegas Boulevard) all’affermazione di un’identità unica e inimitabile, dalla capacità di veicolare messaggi in linea con il clima amato e vissuto dal visitatore di Sin City alla gestione accurata della shopping experience in una scintillante cornice generatrice di un’eccitazione permanente e contagiosa.

Daniele Tirelli, presidente di Popai Italy

Daniele Tirelli