Creare una customer experience efficace per garantirsi la fedeltà del cliente

Quando progetta la customer experience, l’azienda dovrebbe tenere conto di come l’interazione con i touchpoint viene percepita dai clienti (a livello razionale ed emotivo, ma anche sensoriale, comportamentale e sociale) e individuare i touchpoint e i canali che più riescono a intercettare la sua clientela target.

Negli ultimi due anni il customer experience management è diventato un tema caldo per i marketer, sia nelle aziende consolidate sia nei più innovativi player online. Cosa significa fare gestione della customer experience? Significa identificare e gestire in modo coerente e coordinato i touchpoint, ovvero i punti di contatto tra l’azienda e i clienti durante il viaggio del cliente stesso verso l’acquisto: la cosiddetta customer journey. La finalità di tutto ciò? Creare un’esperienza di elevata qualità che garantisca loyalty, fedeltà del cliente. Per raggiungere questo obiettivo, il design della customer experience sarà sempre più basato sulle informazioni di cliente, sul crm e sulla capacità di usare queste informazioni in tempo reale e in ottica non solo operativa, tipica del crm, ma anche strategica, ovvero innovativa del prodotto/servizio e della modalità di farlo fruire (l’esperienza, appunto).

Su questo terreno di grande attualità, ma ancora in parte inesplorato, a nostro avviso sono due gli ambiti di riflessione importanti per i manager. Il primo è studiare di “cosa è fatta” la customer experience. Sono ormai lontani i tempi in cui si pensava che il consumatore valutasse solo in modo razionale le interazioni con l’azienda. Le neuroscienze e la psicologia ci hanno ampiamente illustrato il ruolo delle emozioni. Gli studi accademici a oggi mostrano che la customer experience si costruisce a partire da cinque dimensioni: cognitiva, affettiva, sensoriale, comportamentale e sociale. Quando si progetta la customer experience si dovrebbe quindi tenere conto di come l’interazione con i touchpoint viene percepita dai clienti a livello razionale, a livello emotivo, a livello sensoriale (per esempio vista, olfatto, udito), a livello comportamentale (per esempio rispetto alle azioni richieste per cercare informazioni o acquistare) e sociale, quindi in relazione alle persone o agli utenti con cui si condivide, fisicamente o virtualmente, l’esperienza. Si tiene conto di queste dimensioni nella progettazione dei contenuti per i propri touchpoint? In che misura? Un’azienda può differenziarsi dai competitor lungo una di queste dimensioni? True Gault, un brand del mondo fashion-tech specializzato in scarpe, ha sviluppato un’app che ha come target principale le acquirenti. Tramite l’app l’utente scatta alcune foto dei propri piedi. L’applicativo realizza un modello in 3D dei piedi della cliente e propone modelli di scarpe disegnate rispetto alla forma del piede. La cliente ordina online le scarpe fatte su misura e l’acquisto è coperto dalla garanzia True Gault. L’applicazione trasforma quindi il concetto di taglia. Inoltre, la raccolta dei dati estratti dalle foto dei clienti permette all’azienda di migliorare le proposte dei modelli e di fornire un’esperienza personalizzata, divertente e coinvolgente finalizzata ad aumentare il comfort e a ridurre il rischio percepito negli acquisti online. Il secondo tema è quello della comprensione di quali siano, per un’azienda, e in generale nel suo settore, i touchpoint e i canali che riescono a intercettare maggiormente la clientela target e ad aumentarne l’intenzione di acquisto e, nel lungo periodo, la fedeltà. Vi è una vera e propria corsa a sviluppare i cosiddetti “modelli di attribution”. Google ha lanciato Google Attribution 360, un modello che ha l’obiettivo di misurare le interazioni del cliente con tutti i touchpoint online (e parzialmente anche offline) per identificare l’impatto relativo dei punti di contatto rispetto alla transazione finale. Gli attribution model sono in grado di mappare la customer journey del cliente, consentendo quindi di capire quali sono i touchpoint critici e scarsamente performanti e di adottare misure correttive per stimolare la risposta del consumatore.

Com’è possibile identificare i touchpoint importanti per tutte quelle aziende che non adottano o non hanno le caratteristiche per abbracciare strumenti come gli attribution model? Anche i tradizionali metodi d’indagine con questionario sulla clientela, eventualmente integrati da dati di acquisto e geografici, sono un approccio valido per identificare come cambia l’uso e l’atteggiamento dei consumatori nei confronti dei diversi touchpoint e canali nelle varie fasi del customer journey, traducendo i dati raccolti in utili “segmentazioni della clientela basate sui touchpoint”. Un team di ricerca internazionale di due università di Stati Uniti e Australia ha realizzato uno studio di segmentazione degli shopper australiani in tre settori: consumer electronics, viaggi e fashion (Sands e altri, 2016). Il team ha investigato l’importanza, nelle tre fasi del customer journey (nella ricerca di informazioni, nell’acquisto e nel post acquisto) del canale fisico e del canale online. Lo studio ha tracciato una mappa dei consumatori nei tre settori costituita da 5 segmenti di customer journey. Di essi, tre (il 70% degli intervistati) sono denominati “ropo”, che sta per “research online, purchase offline”. I clienti ropo preferiscono cercare informazioni online e acquistare su canali fisici. Fin qui, abbastanza intuitivo. Tuttavia, vi sono differenze all’interno dei ropo, legate all’importanza assegnata a mobile e social media nello shopping. Un segmento (il 36% del totale rispondenti) è totalmente avverso sia al mobile sia ai social. Un altro segmento (il 22% del totale rispondenti), invece, è “multichannel enthusiast”, quindi incline a usare tutti i canali, compresi mobile e social. Un terzo segmento (il 12% dei rispondenti) ha mostrato di essere un forte utilizzatore dei social media nello shopping, ma non del mobile. I due segmenti rimanenti nella mappa (il 30% dei rispondenti) usano invece l’online per tutto lo shopping: non sono ropo ma “online only”. Differiscono tra loro, tuttavia, per l’uso del mobile: un segmento è refrattario a usarlo per lo shopping, l’altro lo utilizza. Per disegnare una customer experience che abbia il potenziale di fidelizzare la clientela, l’analisi del customer journey deve tenere presente, in ottica integrata, canali e touchpoint. Una volta individuati i touchpoint e i canali rilevanti, la sfida è quella di fare leva sulle dimensioni della customer experience (think, feel, act, sense e relate) nelle quali l’azienda è in grado di distinguersi per far vivere al cliente un’experience capace di sviluppare fedeltà e valore.

A questi interrogativi cercheremo di dare risposta con le ricerche e i casi eccellenti che presenteremo nella XVII edizione del Convegno dell’Osservatorio Fedeltà, “Loyalty Marketing Evolution”, che si terrà il 20 ottobre prossimo all’Università di Parma. Nel corso del Convegno verranno discussi, grazie all’aiuto di esperienze internazionali, best practices e ricerche di frontiera, nuovi trend di loyalty marketing e customer experience management e le sfide poste dalla digital disruption e dall’esplosione di canali e touchpoint.

Cristina Ziliani

È professore ordinario di Marketing all'Università di Parma, dove insegna Loyalty marketing e Customer relationship management. Dal 1999 è responsabile dell’Osservatorio Fedeltà dell'Università di Parma. È autrice di oltre 60 articoli scientifici e 5 libri sui temi del loyalty marketing e data driven marketing. Nel 2020 ha pubblicato con il collega Marco Ieva, per l'editore internazionale Routledge "Loyalty Management: from Loyalty Programs to Omnichannel Customer Experiences". www.osservatoriofedelta.it