Touchpoint, sviluppare modelli di analisi focalizzati per industry

Marco Ieva20/09/2018

Una necessità che nasce da una serie di studi dell’Osservatorio Fedeltà UniPr su come gli italiani sono esposti ai touchpoint delle aziende di cui sono clienti e su come percepiscono, dal punto di vista emotivo, questi touchpoint

Negozio fisico
Nonostante la molteplicità di touchpoint il negozio fisico rimane un punto di contatto fondamentale per raggiungere la maggioranza della clientela.

Da due anni l’Osservatorio Fedeltà ha iniziato a studiare in che modo gli italiani incontrano i brand e le aziende attraverso i diversi touchpoint, ovvero i vari punti di contatto che si offrono al cliente nel viaggio non lineare tra fase di ricerca delle informazioni, acquisto e post acquisto. Che ruolo hanno infatti i touchpoint nell’influenzare gli atteggiamenti e i comportamenti dei clienti? In quest’ottica si parla spesso di attribution model, ovvero di modelli di analisi del viaggio del cliente che cercano di capire qual è stato il contatto più significativo, quello che in sostanza ha influenzato maggiormente il cliente nell’acquisto o che ha contribuito di più a fidelizzarlo. Chiaramente la disponibilità di dati nel mondo online ha favorito la diffusione di questi modelli nell’ecommerce, per misurare il ruolo di ciascun touchpoint online.

Tuttavia, di recente si sono diffusi anche approcci di attribution modelling olistici, ovvero che cercano di tenere in considerazione i contatti che avvengono

attribution model
Solo il 5% delle aziende si serve di un attribution model capace di tracciare tutti i punti di contatto tra azienda e cliente.

sia nel canale online sia in quello offline. Secondo una ricerca Emarketer del 2018, solo il 5% delle aziende è però in grado di servirsi di un attribution model in grado di tracciare tutti i diversi punti di contatto tra azienda e cliente. Uno dei modelli di attribution più utilizzati nell’online è quello del last click, che prevede di attribuire un determinato risultato all’ultima interazione avvenuta online per l’utente. È però difficile pensare che una determinata decisione d’acquisto da parte del cliente, specialmente se si tratta di beni problematici, sia dovuta solo all’ultima della serie di interazioni avvenute con diversi touchpoint nelle diverse fasi del suo percorso. Uno studio della Cranfield School of Management (Baxendale e altri, 2015) ha cercato d’innovare in quest’ambito. Gli studiosi hanno coinvolto un panel di consumatori e utilizzato un tecnologia chiamata “real-time experience tracking”, attraverso la quale i soggetti coinvolti registrano in tempo reale il contatto avvenuto con il brand (nello studio si trattava di alcuni marchi di elettronica di consumo e soft drink) attraverso l’invio di un messaggio di testo ai ricercatori. Dopo aver raccolto questi dati, lo studio, attraverso modelli statistici, ha messo in relazione l’interazione con i vari touchpoint e il cambiamento della brand consideration, misurata prima e dopo lo studio attraverso un questionario somministrato ai soggetti coinvolti. Il lavoro ha evidenziato come il touchpoint più impattante sulla brand consideration fosse la comunicazione sul punto di vendita, seguita alla pubblicità del retailer e dall’osservazione che il cliente aveva fatto dei comportamenti degli altri clienti. Tra l’altro quest’ultimo è un touchpoint che nelle ricerche viene raramente preso in considerazione.

Fidelizzare la clientela
Ogni settore ha delle peculiarità specifiche rispetto al ruolo dei touchpoint nel fidelizzare la clientela.

Il nostro Osservatorio ha effettuato una serie di studi su come gli italiani sono esposti ai touchpoint delle aziende di cui sono clienti e su come percepiscono, dal punto di vista emotivo, questi touchpoint. L’obiettivo? Cercare di comprendere quali sono i punti di contatto che raggiungono i clienti più fedeli e quelli che contribuiscono maggiormente a conservare la customer base. I nostri studi – realizzati attraverso la somministrazione di questionario sul consumer panel Nielsen nel retail food e non food, nel banking e nei servizi di telefonia – ci hanno permesso di riscontrare quattro principali risultati: i clienti che hanno la maggiore predisposizione a fare passaparola positivo e a rimanere fedeli all’azienda hanno contatti più frequenti con la propria azienda, e su un maggior numero di touchpoint; i clienti che reagiscono positivamente agli incontri con l’azienda, ovvero i clienti maggiormente coinvolti nelle interazioni, sono circa un 30% del totale, contro un 10% di clienti che manifesta insoddisfazione, mentre la restante parte della clientela non registra particolari emozioni rispetto ai touchpoint della propria azienda; le varie generazioni di clienti (baby boomer, generation X, millennial, generation Z) differiscono per quanto riguarda i touchpoint che incontrano, soprattutto con riferimento ai touchpoint online e offline, ma sono tutte raggiunte dal punto di vendita fisico, che rimane un punto di contatto fondamentale per raggiungere la maggioranza della clientela; nel retail food e fashion e nel settore bancario le aziende competono interagendo e raggiungendo i clienti attraverso lo stesso insieme di punti di contatto, e il modo principale per differenziarsi dunque non è che per la qualità di questo incontro. Oltre a questi risultati di carattere generale, lo studio ha fatto emergere come ogni settore abbia delle peculiarità specifiche rispetto al ruolo dei punti di contatto nel fidelizzare la clientela. In particolare, i touchpoint risultati essere più importanti per fidelizzare sono: nella telefonia, il customer service, gli sms e il sito web; nel banking, lo sportello bancomat, la filiale e il customer service; nel retail food, il punto di vendita, la marca del distributore e il passaparola. I nostri studi mostrano quindi una specificità settoriale, che impone di sviluppare modelli di attribution focalizzati per industry, e non generali. Misurare e gestire i touchpoint tra i diversi canali in modo integrato per creare una customer experience senza cuciture può contribuire a fidelizzare la clientela?

Questo sarà uno degli interrogativi a cui cercheremo di fornire una risposta al prossimo Convegno dell’Osservatorio Fedeltà, “Il loyalty marketing nell’era dell’esperienza”, previsto per venerdì 26 ottobre 2018 presso l’Auditorium Polifunzionale dell’Università di Parma.

I nodi da sciogliere sui punti di contatto tra azienda e clienti

Le sfide principali per le aziende sono fondamentalmente due. La prima è essere rilevanti con i propri clienti, per riuscire a migliorare l’engagement della clientela e, successivamente, per fidelizzare la maggioranza dei clienti che non ha mostrato emozioni particolari negli incontri con la propria azienda. La seconda è quella d’innovare il punto di vendita per creare un’esperienza nello store che sviluppi la componente sociale, il dialogo con il personale del negozio e con gli altri clienti. Se consideriamo che in Cina sono in sperimentazione punti di vendita completamente automatizzati (un esempio è dato dal format Bingobox), senza personale, e dotati di ruote per essere spostati da una località a un’altra in tempi brevissimi, sarà interessante vedere come questi nuovi punti di contatto potranno cambiare la relazione tra aziende e clienti; se avranno successo perché offrono comodità o se invece saranno un insuccesso a causa della completa mancanza della componente umana.

Marco Ieva

È ricercatore di Marketing all'Università di Parma, dove insegna Customer relationship management and customer analytics e svolge attività di ricerca scientifica sui temi dell'omnichannel customer experience, del loyalty management, del retailing e della marketing innovation. Dal 2012 è senior researcher dell’Osservatorio Fedeltà dell'Università di Parma, nel cui ambito collabora su progetti di ricerca, analisi dei dati e formazione sul tema della fidelizzazione della clientela. www.osservatoriofedelta.it