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gennaio 2012 61

ritrova anche nell’ipermercato e nel supermercato. Il negozio tradizionale, invece, sembra mantenere una sua identità, di negozio di “qualità”, “caro”, che trasmette fiducia grazie al rapporto diretto con il negoziante. Quali sono allora i bisogni soddisfatti dal formato? I formati soddisfano bisogni diversi o, come sembrerebbe già da queste prime battute, rispondono agli stessi bisogni? Il bisogno di risparmiare tempo sembrerebbe non trovare risposta nell’ipermercato, visto come il formato “dispersivo” frequentato da coloro che “hanno tempo” e che “hanno voglia di perdere tempo”. In realtà, ci sono consumatori che sono in grado di soddisfare il loro bisogno di rapidità e velocità negli acquisti facendo spesa anche all’ipermercato, perché “anche all’ipermercato ci sono i cestini con le rotelle comodi per trasportare piccole quantità di merci” o “le casse veloci che ti fanno evitare la fila alle casse”. Ancora, c’è chi dice che “l’ipermercato abituale è un supermercato: i reparti dell’abbigliamento o altro sono separati dal resto, quasi non li vedo, non me ne accorgo, non mi ostacolano e non mi fanno perdere tempo”. Ecco allora che i servizi in store o il layout favoriscono una convergenza tra l’ipermercato e il supermercato, consentendo all’ipermercato di soddisfare anche i bisogni che tradizionalmente il consumatore soddisfa in formati più piccoli.

Il bisogno di convenienza sembrerebbe trovare una risposta immediata nel discount, che viene associato in prima battuta ai “prezzi bassi” ed è frequentato da coloro che “vogliono risparmiare”. Ciò significa che chi vuole risparmiare deve necessariamente andare al discount? Non è detto. I consumatori ci dicono che “anche al supermercato puoi trovare i prezzi del discount, ma anche la qualità ed è quindi inutile andare al discount”. Ancora: “ci sono dei prezzi del discount in linea con la marca commerciale; non vale quindi la pena andare al discount”. Nuovamente, anche sul fronte del bisogno di convenienza, le risposte possono provenire da più formati: discount ovviamente, per vocazione, ma anche supermercato e ipermercato.

Infine, i bisogni di qualità e di fiducia sembrerebbero trovare risposta immediata nel negozio tradizionale, associato alla “qualità” e al “rapporto di fiducia con il negoziante”. In realtà scopriamo nuovamente che le risposte a questi bisogni possono essere erogate anche da altri formati, addirittura da un formato come l’ipermercato che appare molto distante dal negozio tradizionale, anche solo per una questione dimensionale. I consumatori, infatti, ci dicono che “anche all’ipermercato puoi assaggiare i formaggi, con le marmellate e il miele, un po’ come accade nel negozietto sotto casa” e “se vuoi un taglio di carne particolare, te lo preparano, come dal macellaio”. Ecco

allora che il servizio assistito avvicina l’ipermercato al negozio tradizionale rispondendo al bisogno di qualità e fiducia.

L’indagine sul consumatore sembra quindi confermare i risultati emersi dall’indagine sulle insegne: i formati sono in grado di soddisfare gli stessi bisogni e quindi sono potenzialmente sostituibili nel processo di acquisto di beni alimentari. Ma il consumatore effettivamente li sostituisce? In altre parole, la sostituibilità tra formati accresce la mobilità del consumatore tra gli stessi? Il consumatore è monocanale o multicanale? E la multicanalità può convivere con la fedeltà?

Quattro profili di consumatori

Le riflessioni emerse in merito alle ragioni di scelta del punto di vendita abituale e ai bisogni ricercati nei diversi formati distributivi ci conducono a individuare quattro profili di consumatori, che si distinguono in base a due dimensioni: le diverse espressioni della fedeltà (comportamentale, quando cioè si manifesta in termini di frequenza di visita e spesa media senza essere accompagnata da un coinvolgimento emotivo; cognitiva, quando è espressione di fiducia nel

distributore); il comportamento di acquisto nei confronti dei canali di vendita (monocanale: concentrazione della spesa nel canale despecializzato; multicanale: impiego di più canali e formati nel soddisfacimento dei bisogni di spesa alimentare).

Lo zoccolo duro dei consumatori è costituito dagli “abitudinari”, che concentrano gli acquisti in un solo punto di vendita despecializzato per ragioni razionali e pratiche: il risparmio di tempo prevale sulla convenienza (“alla fine tutti i punti di vendita si equivalgono, a volte conviene più l’ipermercato, a volte

I profIlI deglI shopper

Fonte: ricerca Osservatorio Carte Fedeltà dell’Università di Parma

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