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« Previous Page Table of Contents Next Page »60 gennaio 2012
associate al punto di vendita abituale. La parola stessa convenienza richiama più un concetto di risparmio di tempo che di risparmio di denaro. Solo il 17% delle categorie semantiche spontaneamente associate al punto di vendita abituale richiama infatti il risparmio di denaro, che viene perseguito attraverso la ricerca di un buon rapporto qualità-prezzo (dimensione di lungo periodo) o il ricorso alle promozioni (dimensione di breve periodo).
Il consumatore, infine, ha bisogno di fiducia (9% delle categorie semantiche): il punto di vendita deve dare rassicurazione (ovvero essere affidabile, accogliente, familiare) e assumere un ruolo di orientamento nelle scelte di acquisto. Come la marca industriale orienta le scelte di consumo, così l’insegna può orientare
le scelte di acquisto, quando “dà delle idee per cucinare”, “dà dei consigli utili per l’alimentazione” o semplicemente ricorda al consumatore i prodotti da acquistare anche in assenza della lista della spesa. Risparmio di tempo, qualità nell’esperienza di acquisto, convenienza e fiducia sono i quattro pilastri che sostengono la stabilità della relazione con il distributore: un punto di vendita che agevola la velocità negli acquisti, rende gradevole la shopping experience, offre convenienza e rassicurazione difficilmente verrà sostituito, quantomeno in maniera sistematica.
Percezione sfumata dei confini tra i canali
Ma qual è il ruolo del formato in questo processo? Ci sono dei formati che rispondono meglio di altri ai bisogni del consumatore? Oppure ciò che conta è l’insegna, a prescindere del contenitore in cui opera il retailer? Sulla scia di questi quesiti, abbiamo cercato di capire come vengono percepiti i formati distributivi e in che misura vengono impiegati nel soddisfacimento dei bisogni emersi.
Apparentemente, i consumatori hanno ben chiaro qual è la vocazione dei formati distributivi, tanto che associano il supermercato al “punto di vendita per
la spesa alimentare”, l’ipermercato al “food e non food”, il discount al “negozio per i prodotti generici”, il negozio tradizionale al “negozio di emergenza”. Scendendo però in profondità nelle categorie semantiche associate ai formati, ci rendiamo immediatamente conto di come questi confini sfumino progressivamente. Il supermercato viene associato alla “varietà e scelta assortimentale”, così come l’ipermercato. L’ipermercato a sua volta viene associato in seconda battuta alla “confusione e fila alle casse”, che però ritroviamo anche nel supermercato, anche se in terza posizione in ordine di frequenza delle citazioni. La convenienza, che senza sorprese è la prima categoria semantica associata al discount, si
● Il consumatore soddisfa i suoi bisogni di spesa sia nel canale despecializzato, dove concentra la maggior parte della spesa alimentare, sia nel canale specializzato (piccoli negozi tradizionali, ma anche le grandi superficie specializzate).
I formati distributivi sono in grado di soddisfare gli stessi bisogni e quindi sono potenzialmente sostituibili nel processo di acquisto di beni alimentari
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