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attività di fidelizzazione.
Il monitoraggio della fedeltà emer-
ge come una discriminante poten-
te. Le aziende che fanno il monito-
raggio ritengono mediamente che
sia più importante, vi dedicano più
risorse, fanno più regolarmente at-
tività di crm.
Le risposte dei nostri intervistati
ci permettono di delineare la “pi-
ramide” dei kpi impiegati per mo-
nitorare la fedeltà. Al primo posto,
anche per numerosità di citazioni,
le imprese pongono le misure com-
portamentali (frequenza e spesa
per il retail, frequenza di acquisto
e share per l’industria). Seguono le
notemisure di brand awareness per
l’industria, mentre il successivo
passo, non banale e ancora lontano
dall’essere pratica di routine per i
retailer, è quello del calcolo della
share of wallet (nel 2010 meno del
10% della gdo dichiarava di cal-
colarla). Completano il cruscotto
dei kpi le misure di customer sa-
tisfaction, mentre fanno il loro in-
gresso misure nuove: la distribu-
zione monitora l’engagement nelle
attività di loyalty,
l’industria quello
con gli asset digi-
tali. In particolare
nel retail si tengo-
no sotto controllo:
pa r t e c ipa z ione
alla
collection,
redemption
dei
buoni punti fedel-
tà, incidenza dei
punti accumulati/
spesa, utilizzo dei
punti accumula-
ti, partecipazione
a specifiche atti-
vità riservate ai
clienti fidelizzati,
scontrino in corri-
spondenza di pro-
mozione dedicata.
Per il retail si tratta
di un passo avanti
rispetto anche solo a due anni fa,
quando quasi nessuna insegna cal-
colava abitualmente questi indica-
tori loyalty e solo il 17% monitora-
va la frequenza di visita con carta
(Osservatorio Fedeltà UniPr 2010).
Oggi invece i dati di carta fedeltà
sono indicati dal retail come il pri-
mo strumento di misurazione della
fedeltà.
L’industria a sua volta cita, a com-
pletamento dell’architettura dei
kpi (terzo posto): frequenza visite
brand website, interazioni brand
website, visite fanpage, “mi piace”,
commenti sui social. Ricordiamo
che si tratta di risposte libere e non
esaustive del ventaglio di misure
adottate nel panorama nazionale.
Misurare è il primo passo per in-
tervenire. Ma quali sono le leve per
fare fidelizzazione secondo indu-
stria e distribuzione? Abbiamo rac-
colto le loro affermazioni “libere”
ed emerge che il “linguaggio della
loyalty” si è fatto strada. Per l’in-
dustria è la comunicazione lo stru-
mento principe per fare fedeltà, e
qui si noti che se molti ci hanno
IL BUDGET PER LA FIDELIZZAZIONE
IN INDUSTRIA E RETAIL
29%
22%
30%
31%
8%
7%
14%
13%
19%
27%
Fonte: Osservatorio Fedeltà Università di Parma
0-5%
6-10%
11-15%
16-20%
oltre il 20%
Totale campione
Imprese che monitorano
la fedeltà
parlato di advertising, altrettan-
ti hanno citato espressamente la
comunicazione diretta ai clienti e
quella digitale relazionale, ovvero
il brand website, il digital club, la
pagina di Facebook, la e-newslet-
ter, la app di servizio e altro.
Nel retail, al primo posto per fare
fedeltà risulta la qualità del servi-
zio, ma ecco che subito dopo ven-
gono citate le azioni di loyalty ri-
volte a tutti i clienti – programma
fedeltà, customer club – e quelle
che noi chiamiamo micro, ovve-
ro le promozioni mirate ai singoli
segmenti e fondate su specifiche
segmentazioni della customer
base. Diciamo subito che per tali
leve della fedeltà – comunicazione
diretta, mirata, digitale – i nostri
rispondenti devono avere a dispo-
sizione un database, cosa che ci
hanno confermato. Pur posseden-
do meno frequentemente dei retai-
ler un database (70% contro 90%),
l’industria è assolutamente alline-
ata per quanto riguarda la quota
di imprese che lo mantengono co-
stantemente (oltre l’80%), e non si
riscontrano differenze tra grandi
e piccole aziende. Il marketing è
la funzione responsabile del data-
base clienti nella maggioranza dei
casi, e la scelta prevalente è il man-
tenimento in house (con l’hosting
scelto da meno di un quarto degli
intervistati).
Raccolte punti e programmi fedel-
tà “tradizionali” stanno perdendo
il favore delle aziende. “Male ne-
cessario” per tracciare i comporta-
menti dei clienti nella gdo, riscuo-
tono interesse assai modesto nel
retail non gdo e nell’industria, se li
confrontiamo con i mezzi digitali
e con il crm. Il potenziale differen-
ziante di carte e programmi loyalty
è modesto, in uno scenario di gran-
de affollamento e omologazione di
cui abbiamo parlato spesso. Siamo
ora in una nuova fase del loyalty
marketing, quella che abbiamo
l
oyalty
MONITOR
- osservatorio fedeltà
novembre 2012
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