gliere il feedback del cliente, con
due semplici pulsanti a forma di
faccina sorridente o triste, che può
premere per segnalare il gradimen-
to del servizio. L’informazione, in-
sieme all’identificativo cliente (la
carta fedeltà che ha appena usato
per fare acquisti) arrivano sotto
forma di sms allo store manager,
che può attivarsi per gestire il pro-
blema per specifici clienti (magari
quelli ad alto valore).
A osservare questi trend, non sono
solo le aziende di servizi, ma in
misura crescente i manufacturer.
I produttori di beni di largo con-
sumo si rivolgono direttamente ai
propri consumatori. E non solo per
attività promozionali occasionali,
come per lo più è accaduto finora,
ma anche per arrivare a vendere
direttamente. Il 40% dei rispon-
denti a uno studio realizzato per
Oracle dall’Economist Intelligence
Unit dichiara che venderà diretta-
mente ai consumatori nel giro di
un anno. Questo trend suscita di-
versi interrogativi, corrispondenti
ad altrettante sfide
Saranno in grado i manufacturer
di gestire il dialogo diretto con i
clienti? Di fatto non lo hanno mai
dovuto fare massicciamente, se
escludiamo i numeri verdi e altri
strumenti di supporto al cliente.
I rispondenti alla citata indagine
dell’Economist Intelligence Unit,
così come i manager italiani in-
terpellati dalla ricerca annuale
dell’Osservatorio Fedeltà 2011 (pre-
sto saranno disponibili i dati 2012)
dicono che i social media gioche-
ranno un ruolo chiave nell’engage-
ment della clientela, secondi solo
all’in store marketing, seguiti dal
digital marketing, e prima della
pubblicità classica (tv/stampa).
La disponibilità dei social media è
tuttavia correlata a una maggiore
inclinazione dei consumatori a far
sentire le proprie lamentele (all’a-
zienda e agli altri), come indica
una ricerca dell’Institute of Custo-
mer Service: nel 2000 il 50% dei
consumatori era intenzionato a la-
mentarsi se riceveva cattivo servi-
zio; nel 2010 il dato è salito al 75%.
I social media non migliorano le
relazioni con la clientela: se qual-
cosa va veramente male, ne aumen-
tano l’eco. È il miglioramento del
prodotto e del servizio che ha un
impatto positivo. Quando il clien-
te può ingaggiare un dialogo con il
brand quando vuole, nel contesto
che preferisce, senza alcun invito
da parte dell’impresa, quest’ultima
come si struttura per rispondere,
indirizzare, apprendere?
I brand saranno in grado di svilup-
pare nuove misure di fedeltà adat-
te ai nuovi contesti? E d’integrarle
in un quadro unitario? È necessa-
rio andare oltre alle classiche mi-
sure di “esposizione” ai media (il
ricordo e la brand awareness, per
esempio), per passare a misure di
coinvolgimento (oggi tipiche del
contesto digitale) e arrivare a col-
legarle a quelle di fedeltà e a loro
volta alle vendite. Non a caso oggi
si assiste al tentativo di misurare
le ricadute dei nuovi canali di en-
gagement sull’atto di acquisto. Du-
rante la campagna natalizia 2011
in Germania, Nutella ha voluto
testare l’efficacia delle campagne
Facebook paragonando i risultati
in termini di vendite realizzati sul
social network con quelli derivati
da altri canali come la tv. Il brand
ha quindi sviluppato la campagna
pubblicitaria coordinando i con-
tenuti della sua pagina Facebook
con alcuni spot televisivi. Nutella
ha rilevato che il 15% delle vendi-
te della campagna mediatica sono
attribuibili a Facebook. In termini
di ritorno sugli investimenti, le
vendite sul social network hanno
superato quelle della tv. Le promo-
zioni su Facebook hanno raggiun-
to il 30% della popolazione on line
in Germania, pari a 3,8 milioni di
visite.
Cosa faranno i brand se scoprono
che attivare più fronti di dialogo
con i clienti non paga o paga meno
di quanto ipotizzato? Un brand
del largo consumo ha 1 milione di
fan su Facebook: quando li invita
a partecipare a una collection di-
gitale, solo lo 0,4% s’iscrive. Cosa
significa? Non è impossibile far-
si dare un “like” o acquisire un
“friend”. Ma è vera loyalty o piut-
tosto “fedeltà incentivata”? La fe-
deltà incentivata, o deal loyalty, è
quella che comperiamo con incen-
tivi percepiti dal cliente come di
maggiore valore rispetto alla core
proposition dell’azienda. Incentivi
di valore sproporzionato rispetto
a ciò che offriamo ottengono com-
portamenti nel breve periodo (visi-
te al sito web, fan, friend ecc.), ma
Il retailer sudafricano
Pick n Pay ha installato
un sistema alle casse
dei supermercati per
raccogliere il feedback
del cliente, con due
semplici pulsanti a forma
di faccina sorridente
o triste.
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MONITOR
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settembre 2012