Pagina 50 - Promotion Magazine 143

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È tempo di abbandonare
il vecchio “orientamento
al prodotto” e puntare
alla soddisfazione di
“un’area di bisogni”
così come per strada. E i bravi team
commerciali di queste società di
prodotti e servizi fanno la coda,
con determinazione e tanta pa-
zienza, davanti alla porta dell’uf-
ficio dei direttori marketing e dei
chief information officer, a secon-
da di quello che hanno da vende-
re, per ottenere la loro attenzione
e conquistarne la preferenza. Pec-
cato che il crm non sia una prati-
ca aziendale che fa capo all’uno o
all’altro reparto, all’una o all’altra
direzione quanto piuttosto una
strategia che l’azienda deve sposa-
re senza compromessi, informan-
do a essa tutte le sue decisioni e le
azioni conseguenti.
British Airways di recente ha vara-
to un piano per migliorare la custo-
mer care nei confronti dei clienti,
personalizzando l’accoglienza nel-
la lounge, a bordo e nel portale,
dove il viaggiatore si reca per ac-
quisire informazioni, acquistare
biglietti, fare il check-in. Per con-
seguire tale risultato, tuttavia, ha
dovuto centralizzare in una sola
banca dati le informazioni sulla
clientela sparpagliate fino a quel
momento presso circa 200 fonti.
Un lavoro, questo,
impossibile senza
la sponsorship della
direzione generale,
che attribuisce le
priorità, disincenti-
va le gelosie interne
e rimuove gli eventuali ostacoli,
reali o psicologici che siano. Un
po’ quello che, con un più elevato
grado di complessità, è accaduto in
Tesco nel momento in cui il retai-
ler inglese ha preso la decisione di
lavorare con Dunnhumby, che non
è un fornitore di un data warehou-
se in outsourcing né di un servizio
di analisti di marketing, quanto il
portatore di un cambiamento cul-
turale che sposta l’enfasi dell’im-
presa distributiva dal rapporto con
i fornitori e con i negozi (il prodot-
to) a quello con i clienti (il mer-
cato). Un cambiamento culturale
che non avviene con la sola spon-
sorizzazione della direzione mar-
keting, né tanto meno con quella
del responsabile delle ricerche di
mercato. Come hanno dimostrato
alcuni casi recenti che hanno vi-
sto come protagonisti altre aziende
che offrono questo genere di servi-
zi e grandi catene distributive.
Una recente analisi di Accenture
ha evidenziato che anche le azien-
de customer orien-
ted investono meno
del 20% del proprio
budget di marketing
in crm. E che una
delle maggiori diffi-
coltà che incontrano
è la parcellizzazione delle funzio-
ni al loro interno e la mancanza
di un coordinamento tanto nell’a-
scolto quanto nella relazione con il
cliente. Credo di aver già citato in
un’altra occasione il caso di quella
banca on line dove chi si occupava
delle ricerche sulla customer sati-
sfaction non aveva alcun accesso
ai questionari compilati dai clienti
(ex) in uscita, dai quali si poteva
dedurre la loro valutazione dell’i-
stituto stesso e dei servizi offerti.
Un modo di lavorare in silos che
non comunicano tra di loro più fre-
quente di quanto si creda.
Una recente ricerca, condotta da
Acxiom e Loyalty 360, ha rilevato
che negli Stati Uniti meno della
metà delle aziende sa quali sono
i suoi clienti migliori, il 70% ha
meno del 20% dei dipendenti sen-
sibilizzati al tema della cura della
clientela, il 60% dedica meno del
20% delle risorse di marketing a
tale scopo e, infine, circa il 40%
dispone di informazioni relative
ai clienti sparpagliate tra le diver-
se funzioni aziendali.
Cosa possiamo concludere, allora?
L’approccio chiamato customer
centric può rappresentare davvero
un’alternativa alle strategie classi-
che scelte dalle aziende per crear-
si un vantaggio competitivo, come
quelle citate per esempio da Porter
in “Il vantaggio competitivo”. Per-
ché una relazione di qualità con
i propri clienti può compensare
tanto un ritardo nell’innovazione,
quanto un rapporto valore–qualità
non favorevole e una minor capa-
cità di attrarre prospect rispetto ai
concorrenti. Ma tale strategia deve
essere voluta dal top management
e implementata sotto la sua spon-
sorship.
Due riflessioni finali allora per gli
l
oyalty
monitor
Tesco ha deciso da
tempo di lavorare con
Dunnhumby, che non
è un fornitore di un
data warehouse in
outsourcing né di un
servizio di analisti di
marketing, ma il portatore
di un cambiamento
culturale che sposta
l’enfasi dell’impresa
distributiva dal rapporto
con i fornitori e con i
negozi (il prodotto) a
quello con i clienti (il
mercato).
novembre 2012
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