Tirare fuori i dati dal cassetto per fare promozioni personalizzate

Oggi, come trent’anni fa, la gdo è ancora sbilanciata sulle promozioni di prezzo riservando alle operazioni a premi, collezionamenti e loyalty program un ruolo ancillare e solitamente tattico. Un paradosso, vista l’evoluzione della tecnologia e le potenzialità offerte da tali meccaniche promozionali, che si giustifica solo per un gap di tipo culturale.

I dati recentemente rilasciati da Mediobanca evidenziano una continua crescita della pressione promozionale all’interno della gdo, con punte massime nei canali ipermercati (quasi un terzo delle vendite è in promozione) e superstore. Le promozioni (e non solo di prezzo) sono a oggi la principale – talvolta unica – leva che i grandi formati hanno messo in campo per contrastare i discount (definizione questa che suona sempre più stretta a un formato che negli anni ha “supermercatizzato” l’offerta). L’aumento dell’inflazione non potrà che confermare o addirittura rafforzare questa tendenza, con gli ipermercati costretti ad accelerare questa corsa nel tentativo di contenere la crescita dei format concorrenti, stressando ulteriormente la leva delle promozioni di prezzo. Il punto qui non è solo dire se si tratti di una strategia efficace tout court, ma indagare se oggi le promozioni possano (o debbano) essere gestite diversamente per avere un migliore impatto sul business.

È necessario un cambio di paradigma nelle promozioni di prezzo che devono essere sempre più ritagliate sul profilo dello specifico cliente

Una prima distinzione che potremmo fare è tra promozioni mass market (aperte, ovvero, a tutti i clienti) e promozioni mirate su specifici target, utilizzando in questo caso l’infinità di dati solitamente stipati nei cassetti del crm. Preciso subito che nella prima categoria – ovvero le promozioni mass market – ricomprendo anche quelle aperte a tutti i clienti con carta fedeltà: visto che in alcune insegne la penetrazione delle loyalty card è oramai superiore al 90%, non si può parlare di promozioni “esclusive” se impattano 9 clienti su 10. Tornando al punto, considerando le promozioni mass market, il pensiero non può non andare al volantino promozionale.

Da tanti dato per spacciato già agli inizi di questo secolo, il volantino continua a essere invece il pilastro della politica promozionale: è di fatto il campo da gioco di buona parte del rapporto tra distribuzione e industria (tanto quanto gli scaffali). Al netto del fatto che oggi siano stampati in carta Fsc – debole foglia di fico che non riesce a renderne onestamente sostenibile la filiera – dobbiamo prendere atto che la struttura e i contenuti dei volantini promozionali non sono cambiati negli anni. In primis non sono cambiate le meccaniche promozionali: 1+1, 3×2, “Tutto a 1 euro”, “Sottocosto” e via promuovendo. Basta cercare negli archivi per ritrovare volantini di trent’anni fa con le medesime formule. Possibile che l’arrivo dell’ecommerce e delle nuove modalità di fruizione di servizi e prodotti (pensiamo allo streaming online) non abbiano influenzato le politiche commerciali suggerendo nuove modalità promozionali? È come se là fuori tutto il mondo fosse cambiato, ma nei tavoli delle direzioni commerciali della gdo tutto rimanesse ancorato alla tradizione (qualunque cosa significhi).

Al netto di questa immutabilità delle meccaniche promozionali, l’altra evidenza è come oggi non ci si trovi più negli anni ’90 del secolo scorso: allora i clienti erano anonimi, mentre oggi, grazie per esempio ai programmi loyalty, conosciamo i clienti e attraverso i big data possiamo (o meglio, potremmo) costruire con efficacia dei profili comportamentali dettagliati (delle “personas” direbbero quelli bravi sul tema). È dunque opportuno sfruttare il crm e la grande mole di dati stipati nei database, che rimangono oggi spesso inutilizzati. Anche se, analizzando semplicemente i miei dati, l’insegna X potrebbe scoprire facilmente che sono vegano, mi vedo ancora recapitare uno “speciale grigliate” con offerte famiglia per l’acquisto di arrosticini, tagliate e costate che farebbero felice Fred Flintstone! Allo stesso modo non ho mai comprato alcun prodotto per l’infanzia, ma ricevo un volantino con offerte per pannolini & co.

L’obiettivo dovrebbe essere quello di aumentare il lifetime value di un cliente, non tanto il sell out di uno specifico prodotto

Eppure, sappiamo di essere nell’era della personalizzazione dove ognuno di noi è abituato ad avere tutto (o quasi) ritagliato sui propri bisogni: dai palinsesti tv, che oramai ci costruiamo saltando da una piattaforma all’altra, ai prodotti che compriamo (dalle autovetture che configuriamo online come più ci aggrada agli auricolari dove facciamo inserire le nostre iniziali). È quindi necessario un cambio di paradigma anche nella costruzione delle promozioni di prezzo, che non possono più oggi essere solo “one to many”, ma devono essere sempre più ritagliate sul profilo dello specifico cliente.

Ma soprattutto, oggi come trent’anni fa, la gdo è ancora sbilanciata sulle promozioni di prezzo lasciando ad altre meccaniche promozionali – quali per esempio le operazioni a premi, i collezionamenti, i loyalty program – un ruolo ancillare e solitamente tattico. Un paradosso, a mio avviso, visto che queste ultime meccaniche negli anni hanno palesato un forte tasso d’innovazione, certamente grazie alla tecnologia che ha permesso di creare operazioni più ingaggianti (anche una volta usciti dal punto di vendita), ma soprattutto grazie a una forte capacità di ricerca e sviluppo nelle idee delle agenzie che lavorano nel settore che sono state in grado di pensare nuovi formati: senza citare esempi specifici, basta pensare al fenomeno dei community program connessi ai territori (scuole, associazioni sportive o altre realtà prossime ai clienti/consumatori) che hanno saputo tradurre in modo efficace il ruolo sociale della distribuzione coniugandolo con i suoi primari interessi commerciali. Perché allora, nonostante la loro efficacia, l’utilizzo è spesso così timido e parsimonioso?

Non credo vi siano temi tecnici ma, ancora una volta, culturali: costruire una promozione con extra gain è certamente più complesso che definire un taglio prezzo su una specifica referenza; ma non è cercando di evitare la complessità che la gdo uscirà dal guado. Per dirla altrimenti: l’obiettivo che i ceo dovrebbero dare ai propri manager dovrebbe essere quello di aumentare il lifetime value di un cliente, non tanto il sell out di uno specifico prodotto: tra l’altro, in questo modo – ovvero focalizzando le promozioni sui clienti e non sui prodotti – la gdo riprenderebbe in mano il pallino delle promozioni nel delicato rapporto con l’industria o perlomeno potrebbe riequilibrarlo rispetto a oggi. Per quanto attiene alla misurazione dell’efficacia dell’azione promozionale, solitamente l’obiettivo più importante (che sia taglio prezzo, operazioni a premi ecc.) è connesso all’impatto sulle vendi-te in termini di aumento delle quantità, smaltimento di eventuali scorte in eccedenza, miglioramento del market share, incremento del numero di clienti acquirenti. Il tutto, ovviamente, preservando la profittabilità, ovvero evitando di sacrificare la marginalità sull’altare della promozione e di vendite incrementali.

Alla gdo serve un nuovo marketing che sappia essere partner delle direzioni commerciali

Mentre però l’efficacia di una classica promozione di prezzo viene solitamente misurata in termini di vendite incrementali dello specifico prodotto, altre azioni come per esempio i programmi di fidelizzazione permettono di definire obiettivi più ampi e olistici sul business (incremento dei clienti fedeli, incremento dello scontrino medio ecc.). Ciò detto, a queste metriche tradizionali – a prescindere dalla meccanica promozionale – potrebbero aggiungersi altri kpi legati ai clienti e al loro comportamento. Se analizziamo le vendite incrementali sotto quest’ottica possiamo infatti capire se il risultato è legato all’acquisizione di nuovi clienti interessati al prodotto, alla categoria o addirittura all’insegna: è facile intuire che si tratta di tre risultati ben diversi, alcuni dei quali possono – se ben gestiti – avere impatti anche nel medio-lungo termine e non solo nel breve lasso di durata di una specifica promozione. In sintesi, sarebbe sufficiente allargare lo sguardo dal prodotto/categoria al cliente per scoprire un nuovo mondo di opportunità.

Un altro effetto delle promozioni che solitamente non si indaga è, per esempio, legato alla capacità d’attrazione. Molti anni fa, quando lavoravo come direttore marketing in una catena della gdo, questo tipo di analisi ci aveva permesso di capire come la promozione sottocosto oltre a un (atteso) effetto d’incremento sullo scontrino medio determinava un ampliamento del bacino d’attrazione dei punti di vendita, molto più di qualsiasi altra meccanica promozionale o spinta di comunicazione (tramite utilizzo di media quali radio o outdoor solo per citarne un paio). Solamente i concorsi a premio che organizzavamo durante l’anno (uno in primavera, uno in autunno) ci permettevano di aumentare lo scontrino medio e la frequenza d’acquisto dei clienti. Alla luce di queste evidenze il piano promozionale era stato disegnato prevedendo sia i classici volantini sia operazioni a premi, concorsi e altre iniziative che, in modo orchestrato, avevano l’obiettivo di portarci al risultato atteso. Senza dilungarmi oltre, le promozioni quindi possono essere molto di più di una leva per aumentare di qualche unità le vendite: è evidente che replicare approcci nati in un mondo diverso sarà via via sempre meno efficace. In conclusione, alla gdo servono nuove promozioni – non solo di taglio prezzo e comunque più tailor made – nuove metriche e un nuovo marketing che sappia essere partner delle direzioni commerciali, guidando insieme il business, scaricando a terra la potenza dei dati del crm, e non sia più solo chiamato a realizzare qualche spot televisivo o a distribuire nelle cassette postali dei consumatori tonnellate di carta. Si tratta di un passaggio difficile? Difficilissimo, visto che impatta non tanto (non solo) l’area delle tecnologie quanto quello delle persone e delle culture aziendali. A mio avviso però, per quanto critico, si tratta di un passaggio assolutamente necessario.

Daniele Cazzani

Head of promotions and customer experience retail Italia Luxottica