Colorazioni naturali, o no?

La nostra abitudine nel vedere tutto ciò che ci circonda, oggetti di uso quotidiano, architetture, abiti, con una loro colorazione che possiamo definire normale, ci condiziona in modo estremamente profondo nel notarne le eventuali differenze.

La contaminazione di cui parlerò questa volta è apparentemente non strutturale, non dipendente da contrapposizione e mix di generi e stili, ma semplicemente legata al desiderio di rivoluzione cromatica che accompagna molti settori contemporanei.

La natura stessa ci ha insegnato a vedere i paesaggi che ci circondano in tonalità diverse in relazione all’esposizione solare e, probabilmente ispirati da questo desiderio di cromoterapia, architetti, designer, artisti e stilisti esercitano il loro piccolo grande potere sulle loro creazioni infondendo carattere e personalità completamente diversi utilizzando esclusivamente il colore.

Ciò che potrebbe sembrare un gratuito esercizio filosofico può essere facilmente dimostrato con esempi che testimoniano in pieno la capacità del colore di dare, oltre che un nuovo aspetto, anche una nuova vita a molti degli oggetti che ci hanno sempre circondato nella loro “colorazione naturale”.

Il primo esempio colpì la mia immaginazione, e probabilmente quella di milioni di spettatori, moltissimo tempo fa alla visione del total white della stanza in stile settecentesco di 2001 Odissea nello Spazio. Questo banalissimo, ma profondissimo annullamento del colore ha condizionato la nostra percezione del tempo e dello spazio, determinando un senso d’irreale che ancora oggi rappresenta un esempio di assoluta originalità.

Secondo esempio di una personalità e di un approccio veramente rivoluzionarii è il candelabro Zénit Noir che Philippe Starck ha concepito nella sua direzione artistica per Baccarat. Né segni né forme nuove, solo il colore. Il paradosso di trasformare l’oggetto iconico della brillantezza è luminosità in una versione all black. Pura magia.

Non uno, ma decine di colori invece per Alessandro Mendini, che trasforma un probabile cimelio non più attraente in un mondo in cui l’eliminazione del decoro prevale ingiustamente. La sua poltrona Proust ci abbaglia e ci racconta come il trionfo della fantasia è proprio determinato dalla contaminazione del colore sulla materia.

Possiamo quindi affermare che quello che vediamo intorno a noi non ha un colore naturale o innaturale, ma semplicemente una personalità e ancor più una vitalità legata al colore stesso.

 

Andrea Tempesta