La fedeltà alla marca è sfaccettata e sfugge a misurazioni univoche

Marilde Motta02/07/2018

Parlare di fedeltà alla marca, al punto di vendita o all’azienda significa parlare di comportamenti ripetitivi condizionati da diversi livelli di opportunismo, consapevolezza, riconoscenza, soddisfazione, ma anche mancanza di alternative. Quello che possiamo constatare è un sentimento labile, mutevole, spalmato su una varietà di soggetti che possono essere anche fra loro in competizione. È ancora da considerarsi fedeltà secondo l’etimologia originale e l’etica che ne ha esaltato il lato di virtù, di patto leale e duraturo? In ambito meramente commerciale e funzionale alla vita dell’azienda, la fedeltà che viene chiesta al cliente è un comportamento modellato secondo la strategia di relationship marketing, quindi indotto dalla comunicazione persuasiva (un insieme di pubblicità, customer care, influencer marketing, love mark ecc.) e da campagne promozionali che hanno lo scopo di rendere evidenti i benefici aggiuntivi per gli acquirenti e fruitori di un prodotto o servizio, così da convincerli a ripetere l’atto di acquisto e ancorarli il più a lungo possibile.

Certo, esiste anche l’amore a prima vista per una marca, una fedeltà spontanea ed emotiva che tocca le corde della fiducia, la scoperta casuale di un punto di vendita perfetto per le proprie esigenze: sono forme di fedeltà che probabilmente resisteranno a lungo alle sirene della concorrenza, che promettono vantaggi di ogni genere. Tuttavia un giorno, il consumatore rivisiterà il proprio paniere ideale di prodotti e marche, punti di vendita fisici e online per fare sostituzioni e sposterà altrove la propria fedeltà.

Quel che è sicuro è che ci sono dei limiti: c’è quello numerico alla capacità della memoria di ricordare i brand e le sensazioni che ci procurano, c’è quello economico alla capacità d’acquisto, ce n’è uno relativo al tempo a disposizione da dedicare (anche sul web) e uno spaziale relativo alle distanze da percorrere per provare i punti di vendita. La fedeltà deve fare i conti con questi limiti e pertanto sarà sempre parziale, frammentata, contraddittoria, instabile. Chiedersi se la fedeltà è misurabile può avere senso solo se si tiene conto che non esiste una fedeltà granitica ed esclusiva, ma ci sono tanti tipi di fedeltà la cui natura va rilevata e capita. Se non si sa che tipo di fedeltà il cliente sta prestando (razionale e calcolatrice, spontanea e umorale, ma anche abitudinaria e indifferente alle alternative ecc.), non si potrà stabilire come misurarne alcuni parametri fondamentali come intensità e propensione a mantenerla, né si saprà dove si colloca il limite del punto di rottura. Strumenti, sistemi, indicatori, contesti, frequenza di rilevazione, tutto viene di conseguenza.

Partiamo dalla definizione di fedeltà per ciascuna persona, analizzando in cosa consiste, come si manifesta, su quali prodotti si esercita, da quanto tempo e da cosa è condizionata o alimentata. E non pensiate che i consumatori fedeli siano quelli che consigliano a tutti di provare il prodotto. Quasi sempre la fedeltà è silente e non trasferibile.

Marilde Motta

Nella comunicazione dal 1978, in costante aggiornamento e approfondimento. Ho scelto le pubbliche relazioni come professione, dedicando attenzione a promozioni e direct marketing, su cui scrivo. Amo all’unisono il silenzio, i libri e i gatti. contatti@adpersonam.eu