Le strategie promozionali devono variare in rapporto alla complessità dei prodotti

Loris Tirelli12/09/2019

L’ampliamento delle linee dev’essere accompagnato da strumenti che permettano al cliente di conoscere il prodotto per innescare il desiderio di provarlo, sfruttando sinergicamente l’intera gamma a supporto delle singole referenze

Nell’ambito della food evolvation, argomento di cui abbiamo ampiamente trattato nel passato numero di Promotion Magazine, la tendenza in atto in Italia è l’ampliamento continuo delle linee di prodotto e questo fenomeno aumenta la complessità delle leve promozionali. D’altra parte, l’extension line è il tentativo di soddisfare le illimitate esigenze della clientela, sempre alla ricerca di novità e soluzioni in linea con il proprio stile di vita. Per affrontare la questione, un concetto basilare da cui partire è la differenza tra prodotti semplici e prodotti complessi, che si declinano, appunto, in linee di prodotto. Per fare un esempio, Certosa Galbani può essere definito un prodotto semplice, in quanto poco elaborato e con un basso contenuto di servizio. Al contrario, tutti i mix di cereali “ready to eat”, come la linea Pronti al Vapore di Valfrutta, con la loro eclettica ricettazione, sono considerati prodotti problematici. Di questa categoria fanno parte in definitiva tutte le cosiddette “meal solution”, da consumare anche fredde, individualmente, come sostituto del pasto. Naturalmente la singola referenza di questa categoria di prodotto può sopravvivere solo all’interno di una linea. Questa, a sua volta, riesce a perdurare solo grazie all’esistenza di un numero minimo di prodotti. Le strategie di extension line, inoltre, si riflettono anche sulle promozioni ed è la questione che più c’interessa in questa sede. Prendendo spunto da una ricerca di Amagi sulle nuove linee di mix “ready to eat”, emergono però alcuni problemi. Il primo riguarda la soddisfazione dei clienti: un aspetto che le aziende spesso danno per scontato. In realtà, il gradimento della singola referenza è solo una tra le tante probabilità, dato che la soddisfazione del cliente dipende dal gradimento per le ricette proposte. Ulteriormente, ciò concerne anche l’intera linea e il cliente ideale sarebbe colui che acquista tutte le sue referenze.

Il problema dell’assortimento e della collocazione di ogni referenza all’interno dei differenti punti di vendita tocca in particolar modo le linee di prodotto più estese.

Inoltre, esiste un problema temporale correlato alla frequenza di riacquisto. Qual è la probabilità che un cliente ricompri la medesima referenza oppure un’altra della stessa linea? L’acquirente potrebbe essere fedele al brand, non alla specifica referenza, ma l’ampliamento, d’altro canto, non può essere infinito. Infatti, con l’estensione della linea di prodotto, l’incremento delle vendite totali crescerà con rendimenti decrescenti (cioè in modo meno che proporzionale). C’è da considerare poi la probabilità che un cliente acquisti tutti i prodotti di una stessa linea: un’ipotesi limitata, poiché ovviamente dipende anche dalla loro probabilità di reperimento. Considerando entrambi gli aspetti, risulta pertanto che la probabilità composta dell’acquisto di un sottocampione di referenze gradite, moltiplicata per quella di un sottocampione di referenze in assortimento, è drasticamente bassa a causa delle differenze tra i gusti preferiti dei clienti e quelli in assortimento. Ma allora quali potrebbero essere le promozioni più indicate? Un elemento da tenere in considerazione è che le strategie promozionali devono variare in funzione della complessità del prodotto. Per un prodotto semplice, si possono attendere almeno due diverse reazioni: o un aumento degli acquisti oppure un brand switching. Al contrario, per un prodotto complesso, la promozione ha queste finalità principali: favorire la conoscenza del prodotto e innescare il meccanismo di “try and repeat” e sfruttare sinergicamente l’intera linea per supportare le singole referenze. In questo caso, si dovranno utilizzare diversi strumenti promozionali, fra i quali l’abbinamento con relativi sconti, promoter per l’effetto dimostrativo, programmi fedeltà, sampling e couponing.

Tuttavia, trattandosi di meal solution, prodotti come i mix di cereali “ready to eat” saranno indicati per contesti urbani e meno per grandi superfici di vendita periferiche. Ipotizzando che il cliente target lavori in un centro cittadino, ci sarà un problema di formato distributivo perché i punti di vendita vicini saranno, generalmente, micromarket. Ne risulta in sintesi, che l’efficacia promozionale è correlata all’efficacia distributiva.

Negli Stati Uniti, in uno spazio di vendita limitato, i negozi di Manhattan riescono a gestire il facing 1, concedendo una collocazione per ogni referenza. Al contrario, i minimarket italiani odierni hanno un assortimento più limitato. Non possono averlo più profondo perché devono tener conto del problema delle microrotazioni. Negli ipermercati c’è teoricamente lo spazio per inserire in assortimento tutta la linea, ma, se la frequenza d’acquisto è quindicinale, il cliente dovrebbe farsi una scorta di questi prodotti per poi portarli al lavoro o per pranzi rapidi. Ciò implica quindi una minor efficacia promozionale. In conclusione, se le promozioni vengono attivate in assenza del prodotto perché distribuito a macchia di leopardo, la loro efficacia va scemando. Se, al contrario, la linea è presente nelle grandi superfici di vendita, le promozioni soffrono di una minor frequenza d’acquisto.

Le due tendenze, quella distributiva e quella di consumo, sono asincrone. Per risolvere questi problemi occorrerebbe una distribuzione diversa, capace di gestire la coda lunga, cioè assortimenti profondi e ordinati in qualsiasi formato distributivo.

LA DIFFERENZA TRA PRODOTTI SEMPLICI E COMPLESSI

Un concetto basilare nell’affrontare il tema dell’estensione delle linee è la differenza tra prodotti semplici e prodotti complessi che si declinano, appunto, in linee di prodotto. Certosa Galbani, per esempio, può essere definito un prodotto semplice, in quanto poco elaborato e con un basso contenuto di servizio. Al contrario, tutti i mix di cereali “ready to eat”, come la linea Pronti al Vapore di Valfrutta, con la loro eclettica ricettazione, sono considerati prodotti problematici. Di questa categoria fanno parte in definitiva tutte le cosiddette “meal solution”, dalle pizze surgelate alle zuppe fredde e alle porzioni preconfezionate (tipo Quattro salti in padella), da consumare previa cottura o anche fredde, come sostituto del pasto, oltre a una serie di succhi di frutta elaborati per rispondere a specifiche esigenze del mercato. La lista è molto lunga perché include tutti quei prodotti caratterizzati dall’alto contenuto di servizio offerto al consumatore, ma anche da una ricettazione complessa.

Loris Tirelli

Socio della società di ricerca Amagi, ha conseguito una laurea in Scienze Politiche alla Cattolica di Milano e una laurea magistrale in Marketing, Consumi e Distribuzione Commerciale presso lo Iulm di Milano. Fra le esperienze accumulate, ha svolto attività lavorative presso PharmaRad, Market Knowledge, Ciro Fresh Market e presso l’istituto Smart Research.