I timori per l’impatto ambientale della plastica non sono spariti

Nel 2019 il nemico pubblico numero uno era la plastica, osteggiata da normatori, gdo e anche da molte aziende del largo consumo.
Il cittadino, spaventato per le crisi internazionali e per il global warming, si rivelava desideroso di essere più sostenibile e la plastica l’ottimo capro per espiare centenarie colpe e, al contempo, un facile bersaglio per le politiche di sostenibilità di aziende, amministrazioni, associazioni. Estremamente diffusa, è evidente la sua pervasività, simbolo spesso dell’incuria, di una modernità considerata vecchia, di una terza rivoluzione industriale che ci si accinge (forse) a superare. Ma nel 2020 le cose sono cambiate, ben altro nemico ha dovuto affrontare l’umanità, la pandemia di Covid-19, che ha cambiato i parametri dell’economia, della socialità, del modo di fare acquisti. E soprattutto ha messo in primo piano la necessità di proteggersi, di tutelarsi, di essere sicuri nei propri acquisti, consumi e scelte di vita. La plastica, per le sue proprietà di isolamento e per la sua economicità, è diventata un forte alleato per realizzare dispositivi di protezione individuale, ma questo pone la domanda se in qualche modo la plastica sia stata redenta (si contano a luglio 500.000 tonnellate di plastica da smaltire dovute a guanti e mascherine). I dati non confermano questa sensazione. È vero che nell’immediato le preoccupazioni a livello mondiale sono forti per la pandemia (47%) e per la disoccupazione (45%, specie in Italia), mentre il timore per i cambiamenti climatici risulta meno pressante (11%), ma sul lungo periodo questo aspetto è considerato un elemento di crisi ben più serio del Covid-19 (71%). La plastica rimane quindi un problema molto sentito per il 53% degli italiani (rispetto al 50% di due anni fa) e aumentano, dal 28% di due anni fa al 37% del maggio 2020, coloro che dichiarano di cercare quotidianamente di ridurla, mentre diminuiscono coloro che vorrebbero ridurla ma non sanno come fare (scendono dal 33% al 26%).
Ma non è tutto: al contempo gli individui ci dicono che si fa fatica a farne a meno ove più utile. Se oggi il consumatore riesce più facilmente a fare a meno di bottigliette di plastica e di pellicole per alimenti, fatica di più rispetto al passato a ridurne l’adozione quando le sue caratteristiche di protezione, sicurezza e durata hanno un effetto più rilevante: meno persone rinuncerebbero oggi ai contenitori per alimenti, ai giocattoli in plastica, alle cartellette per proteggere nel tempo i documenti (con evidenza ci si fida ancora poco della dematerializzazione). Molte aziende si stanno muovendo nel mondo del “plastic less”, ed è corretto: la riduzione dello spreco e della plastica monouso è sicuramente un trend che rimarrà per molto tempo; ciò potrà determinare un atteggiamento meno negativo verso la plastica, che alla fine ha comunque tanti meriti ai quali a molti cittadini-consumatori appare difficile rinunciare.

Andrea Alemanno