Il discount si adatta agli stili di vita della classe media

Loris Tirelli17/03/2021

La middle class è una dimensione psicologica, un habitus mentale indossato anche da quei cittadini che per effetto dell’altalenanza dei cicli economici hanno oggi un livello di reddito più basso, ma continuano a identificarsi in questa categoria sulla quale puntano i discount

Se potessi avere mille lire al mese, senza esagerare, sarei certo di trovare tutta la felicità. Farei tante spese, comprerei fra tante cose, le più belle che vuoi tu”. La misurazione del benessere, insita nella canzone di Innocenzi e Sopranzi del 1938, dice che, al netto dell’inflazione, oggi dovrebbero bastare 870 euro al mese a far felice il famigerato “homme moyen” italiano (creatura ottocentesca di Adolphe Quételet). Ma sarebbe credibile? Sì, ma a patto di consumare meno energia elettrica, di vivere in appartamenti molto più piccoli e brutti, senza frigo, lavatrice, tv, riscaldamento centralizzato, doccia e vasca da bagno, automobile, evitando viaggi all’estero ecc.

Il termine reddito indica genericamente il benessere di una famiglia attraverso l’equivalente monetario della capacità di risparmiare e di acquistare beni e servizi in un determinato periodo temporale. La legislazione tributaria ha ben individuato un “reddito oggettivo”. La socioeconomia, invece, cerca di spiegare il comportamento dell’homo oeconomicus e qui la questione diventa più complessa rispetto a quella dell’esattore delle tasse. Dunque, potrebbe rivelarsi utile adottare il termine “reddito soggettivo”. Frequentemente la business community fraintende e accetta acriticamente una terminologia economica codifi cata ritenuta dimostrabile in modo scientifi co.

Nel glossario economico, anche la parola reddito non riesce a sfuggire a un’illusoria definizione. Altra cosa è la percezione soggettiva di appartenenza a una determinata classe sociale: secondo il Rapporto Coop 2020, è scesa al 55% la quota degli italiani che ritiene di far parte della classe media (nel 2019 era il 60%), mentre le ricerche condotte da Amagi/Promotion nel corso del 2020 stimano che le famiglie che dichiarano di appartenere alla classe media sono quasi il 60%. Sostanzialmente c’è una differenza di circa il 5% rispetto al Rapporto Coop 2020, ma la questione rilevante non è questa.

Che esista un progressivo impoverimento reddituale della popolazione italiana è un’ipotesi indubbiamente accettabile, se fa riferimento a variabili monetarie misurabili (senza dimenticare tuttavia la ricchezza immobiliare, i titoli, il risparmio accumulato e la produzione domestica). Il reddito è una grandezza mutevole nel tempo e, non a caso, Milton Friedman ha inventato anche il termine “reddito permanente”, che dipende dal lungo periodo, cioè dalla ricchezza della famiglia, dal suo reddito futuro atteso e dal capitale umano. Resta però aperta la questione: perché il 55-60% delle famiglie ritiene di appartenere alla classe media? Forse la risposta è che l’italiano medio non sa valutare il suo posizionamento reddituale e non ricorre alle statistiche Istat e della Banca d’Italia. Infatti, la medietà è uno status mentale delle persone che le induce a comportarsi in un certo modo e ad avere livelli di soddisfazione differenti, come afferma Daniel Kahneman, noto economista e psicologo israeliano.

I discount cercano di soddisfare le preferenze di una middle class sempre più indistinta e accomunata soltanto dallo stile di consumo proposto

La felicità è un’esperienza momentanea e fugace. Al contrario, la soddisfazione è una sensazione di lungo periodo che dipende dallo stile di vita desiderato e dai confronti con le altre persone. In questo travagliato periodo storico emerge il paradosso di Easterlin, elaborato dall’economista Richard Easterlin nel 1974, secondo cui all’aumentare del reddito, e di conseguenza del benessere economico, la felicità umana sale fino a un certo punto, ma poi inizia il declino, raffigurato da una curva a forma di parabola con concavità verso il basso. Occorre quindi rimarcare ancora una volta la netta distinzione tra reddito soggettivo e reddito oggettivo. Naturalmente l’impoverimento crea sofferenza e l’arricchimento felicità.

Tuttavia, oltre un certo livello di reddito, un incremento aggiuntivo di ricchezza non aumenta la felicità così come un decremento ragionevole non crea disperazione. È forse questo il motivo per cui in Italia come negli Usa e in altri paesi il 60% degli intervistati si dichiara appartenente alla classe media, nonostante gli up and down dei cicli economici? Lawrence R. Samuel, in “The Psychology of Being Middle Class” (pubblicato in psychologytoday. com il 6 ottobre 2016), ritiene che la middle class statunitense si considera “più americana” di quelle inferiori o superiori, motivo per cui Democratici e Repubblicani se ne contendono il voto. È un riflesso inconscio correlato alla mitologia nazionale dell’everyman.

La business community
giustifica la crescita
delle vendite dei
discount in Italia sulla
base di un’idea di un
ceto medio impoverito
che è dunque costretto
a cercare i prezzi più
convenienti in assoluto.

In quanto esseri umani sociali, gli americani e noi con loro siamo desiderosi di appartenere a dei gruppi e temiamo l’emarginazione e l’esclusione. Può trattarsi di un’illusione, ma per la maggior parte degli statunitensi il senso di appartenenza alla tribù a stelle e strisce migliora il benessere psichico, anche se certi appartenenti alla classe media hanno cinque case e altri vivono di buoni pasto. Tornando in Italia è indubbio che il sistema di misurazione del reddito è fallace e a maggior ragione, la pandemia ha sviluppato fenomeni complessi, di natura economica e sociopsicologica, difficili da decifrare. Uno di essi è il boom delle vendite nei discount che, sempre secondo il rapporto Coop 2020, sono cresciute del 63% nel periodo giugno/ agosto 2020 rispetto all’anno precedente. La business community le giustifica con un approccio strutturalista, in base al quale se calano i redditi diminuiscono contemporaneamente e proporzionalmente le spese: ciò determinerebbe la tendenza all’aumento degli acquisti nei discount, sulla base dell’idea di un ceto medio impoverito costretto a cercare i prezzi più convenienti in assoluto.

In alcuni giornali italiani si parla addirittura di “proletarizzazione della classe media”, ma sostenere che le classi medie stiano progressivamente scomparendo non è dimostrabile né a livello teorico né pratico. Oltretutto, se volessimo parlare di classi medie, dovremmo evidenziarne l’esistenza e le differenze nei diversi stati nazionali. La classe media svizzera è molto diversa da quella greca o egiziana. La classe media italiana, come tutte le altre middle class, semplicemente si adegua al contesto socioeconomico mutevole. Non scompare mai, ma si adatta.

In Germania le classi medie frequentano da sempre i cosiddetti discount senza alcun problema sociologico o psicologico e da parte loro i discount seguono il trend evolutivo già osservato in altri paesi europei e soprattutto in Inghilterra: partendo dal basso, cercano di soddisfare le preferenze di una middle class (una sorta di “upward movement”, “bourgeoisie of the poor classes”) sempre più indistinta e accomunata soltanto dallo stile di consumo proposto (scarsa attenzione alle grandi marche, ricerca dei prezzi bassi, apprezzamento per le private label e per un assortimento completo, ma essenziale). Harvey Leibenstein, nel 1950, introdusse il concetto di “bandwagon”, cioè lo stimolo ad acquistare dei prodotti o a frequentare un’insegna soltanto perché lo fanno altri ritenuti influenti. È questa la motivazione di un comportamento apparentemente frugale, non il mero calcolo economico individuale. Le classi medie si raggruppano quindi intorno a un attrattore (che può essere anche il livello di reddito) per rimanere unite nel tempo. E c’è chi lo ha capito.

Loris Tirelli

Socio della società di ricerca Amagi, ha conseguito una laurea in Scienze Politiche alla Cattolica di Milano e una laurea magistrale in Marketing, Consumi e Distribuzione Commerciale presso lo Iulm di Milano. Fra le esperienze accumulate, ha svolto attività lavorative presso PharmaRad, Market Knowledge, Ciro Fresh Market e presso l’istituto Smart Research.