Il goodwill relativo si conferma metro di misura del retail

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La terza edizione di Cx Store, promossa da Promotion e da Amagi, conferma le stime dello scenario competitivo tracciato dalle indagini precedenti, a conferma della sua validità metodologica, che si basa sul giudizio del miglior rapporto qualità/prezzo espresso dai responsabili d’acquisto (quest’anno ben 10.299). I risultati hanno consentito di assegnare i Cx Store Award alle migliori insegne gdo, drugstore, bazar, toys, petstore, casalinghi (clicca qui per leggere l’articolo dedicato ai Cx Store Award e l’elenco dei premiati dell’edizione 2022/2023).

Partiamo da un fatto apparentemente banale che in realtà rivela aspetti stupefacenti. I punti di vendita di prodotti massificati, super e ipermercati, ogni giorno aprono le porte a migliaia di persone che vi affluiscono per riempire, tra decine di migliaia di alternative, quel che chiamano, metaforicamente, il loro “carrello della spesa”. La qualcosa richiama altri fenomeni complessi e affascinanti.

Ci sono teorie, oggi, che cercano di spiegare i movimenti degli swarm (sciami) e degli herd (greggi) per capire perché e come i loro componenti si muovono e confluiscono, in modo a volte spettacolare e rapidissimo, tutti in un luogo per poi lasciarlo tutti assieme in direzioni apparentemente casuali. I clienti dei supermercati si spostano anch’essi collettivamente, sebbene molto più lentamente, sia per imitazione, sia con una loro volontà cosciente. E da molto tempo si è cercato di mettere a punto delle metriche per prevederne i flussi spontanei e parzialmente indotti. Ci sono, allora, i dati numerici di vendita e di affluenza che mostrano delle regolarità. Se non le evidenziassero non sarebbero di grande aiuto. Al contrario consentono previsioni quantitative, essenzialmente svolte con metodo induttivo. Cioè, se le cose sono andate a lungo in un certo modo continueranno a farlo. Poi ci sono i dati quali-quantitativi che spiegano ciò che si osserva e consentono di prevederlo in modo deduttivo: potrebbe succedere a causa di A e di B.

La ricerca fornisce, per il comparto grocery, abbondante materiale per una approfondita analisi e discussione

Il programma di ricerca CX Store si inserisce nella seconda fattispecie, quella dei dati quali-quantitativi. L’ assioma di base è la condizione antropologica fondamentale della logica delle scelte degli esseri umani che devono comparare molte alternative. In questa situazione il soggetto sceglie senza esplicitare un processo razionalizzabile in termini di utilità economica. Tuttavia, queste scelte possono essere fatte in base alle buone ragioni di ciascuno, scelte che non devono o non possono necessariamente essere tradotte nel linguaggio comune. Ogni soggetto si trova nella cosiddetta “condizione politeistica”, in cui coesistono numerosi criteri di azione in conflitto tra loro.

Per questo, la decisione di scegliere un’insegna piuttosto che un’altra dipende da un concetto utilitaristico soltanto intuibile che si può riassumere in questa frase: “Scelgo preferibilmente quella certa insegna perché posso acquistare prodotti che rispettano i miei standard qualitativi al prezzo più conveniente”. In verità, il principio può anche essere riformulato così: “preferisco quell’insegna che a parità di prezzi mi offre standard qualitativi più alti”, ma anche così: “i prezzi e la qualità di quel che trovo in quell’insegna sono preferibili a ogni altra”. Tutto sommato, la sostanza non cambia: percezioni, sensazioni, comparazioni, esperienze convergono tutte ad accrescere e a mantenere ciò che chiamiamo goodwill, il fattore attrattivo degli swarm menzionati di clienti.

La lontananza, l’urgenza, l’affollamento e altre giustificazioni possono indurre i clienti a servirsi di punti di vendita meno apprezzati

Il goodwill consiste nella predisposizione indicibile che spinge a recarsi in un luogo piuttosto che in un altro. Ma la biologia ci insegna anche che in natura esistono dei “second e third best”, ovvero delle situazioni sub-ottimali che gli esseri viventi subiscono qualora non possano godere di quelle migliori. Lo stesso accade per i punti di vendita. La lontananza, l’urgenza, l’affollamento e altre motivate giustificazioni possono indurre i clienti a servirsi, sia pur con minor probabilità, di punti di vendita meno apprezzati. Magari acquistando ciò che è dettato dall’emergenza o ciò che è strettamente necessario. Ogni retailer è spinto a pensare che chiunque entri nel punto di vendita lo faccia ravvisandovi il miglior rapporto qualità/prezzo. Al contrario, questo è vero sono in parte. Insomma, è il goodwill verso l’insegna preferita quel fattore che aumenta la probabilità di un cliente di essere attratto da un certo luogo.

Più forte è il goodwill, più aumenta la frequenza delle visite (chiamiamola pure fedeltà) e più ricco lo scontrino. Ma possiamo misurare questo fattore evanescente alla base del goodwill che, nel linguaggio comune, definiamo attribuzione del miglior rapporto qualità/prezzo all’insegna? Converrete che la qualità è un’entità vaga, diversa per ciascuno di noi. Il prezzo che si fissa nel ricordo di un cliente è anch’esso nozione ancor più nebulosa. Rapportare due variabili così elusive che senso può avere? Eppure, ciascuno di noi, pur non sapendolo esprimere a parole, ritiene di sapere dov’è questo miglior rapporto e lo usa abitualmente per scegliere. Dunque, perché quantificare il goodwill delle insegne? La risposta sta nella relazione tra questa variabile nascosta ei numeri delle rilevazioni quantitative: ovvero, le vendite e le quote di mercato.

Esistono, infatti, buone ragioni per supporre che la crescita del goodwill anticipi coerentemente gli aumenti delle market share e dei profitti, innalzi la resistenza verso gli attacchi dei concorrenti e renda meno letali gli errori che inevitabilmente si commettono. Tre anni di esperienza ci consentono di dire che la metrica proposta per misurare il goodwill d’insegna è robusta a fronte della variabile tempo. Come nel caso della comunicazione pubblicitaria, parliamo di uno “stock”, cioè un accumulo di credito, di fiducia che varia lentamente. A meno di una catastrofe.

Questo è esattamente quello che dimostrano i nostri dati illustrati nella tabella cronologica. Cogliamo, infatti, dal mutamento dei nomi che si sono classificati al primo posto nelle varie categorie, un’evoluzione che corrisponde all’osservazione della realtà fattuale e così riassumibile.

Le insegne locali e/o regionali facenti parte di gruppi d’acquisto o unioni volontarie hanno seguito, durante i due ultimi travagliatissimi anni, un percorso di innovazione e di cura dei loro assortimenti, dei layout, dei servizi assieme alla comunicazione di prezzi convenienti, chiaramente percepibili. La crescita della percentuale di clienti che riconoscono loro il miglior rapporto qualità/prezzo ha rispecchiato questo percorso, ponendone alcune in cima alla classifica, scavalcando, sia pur di poco, grandi nomi celebrati dalle narrazioni del marketing.

È un’indicazione di grande rilevanza perché, di fronte alle difficoltà delle grandi catene multiformato e al clamoroso abbandono del mercato italiano da parte di Auchan, sta emergendo il ruolo della distribuzione organizzata, fondata sul ruolo fondamentale dell’imprenditoria “shumpeteriana” delle famiglie che guidano queste piccole catene: Apuzzo, Cetorelli, Prezzemolo e Vitale, Supermercati Tosano, Tirelli, senza dimenticare, ovviamente, Caprotti sempre a ridosso del primo. Tuttavia, i nostri dati testimoniano un altro fenomeno: la crescita inarrestabile delle insegne che, in mancanza di meglio, sono state definite “discount” (Aldi, Md, Eurospin, Lidl). In particolare, Eurospin insidia da vicinissimo il primato di Conad dal punto di vista del goodwill assoluto a livello nazionale, cioè la percentuale di famiglie soddisfatte del rapporto q/p rispetto all’universo delle famiglie italiane. Sarà interessante constatare se tra 12 mesi Eurospin diventerà effettivamente l’insegna preferita dalle famiglie italiane. Non si può non menzionare, allora, anche il sorprendente, straordinario business model di successo di Supermercati Tosano: ipermercati a volte acquisiti da altre insegne che traducono il concetto di “tutto sotto lo stesso tetto” adattandolo in particolare al comparto alimentare con assortimenti profondissimi, all’“americana” per semplificare. Un caso da studiare che ribalta molte idee stereotipate, se consideriamo le sue location (Orzinuovi, Legnago, Bovolone, Pederobba ecc.) che non sono certo la melting pot milanese, insaziabile di varietà e novità.

In conclusione, la nostra ricerca fornisce, per il comparto grocery, abbondante materiale per una approfondita analisi e discussione grazie alla sua metrica unica e originale. Venendo agli altri comparti “non-food” studiati dal CX Store Award 2022-23, si riconferma per il terzo anno consecutivo lo strapotere, tra i drugstore, di Acqua & Sapone, seguita a una distanza sempre minore da Tigotà. Anche in questo caso siamo di fronte a un fenomeno stupefacente che pochi, negli anni ’90, avrebbero potuto immaginare: la crescita inarrestabile di category killer che si sono appropriati dei comparti dell’igiene personale, della bellezza, della cura della casa e sempre di più della profumeria. Non solo. Queste catene specializzate stanno diversificando in altre direzioni tra cui il petfood e il piccolo bazar.

Bazar è un’altra parola magica e nuova parlando di distribuzione al dettaglio. Crescono le catene dei multi-category killer che fanno dei loro empori di grande superfice dei “santuari” del general merchandising, assortimenti talmente ampi, profondi e compositi da essere difficilmente confrontabili. Si tratta di realtà piuttosto diverse tra loro che si sovrappongono sempre più ai drugstore, petfood, toy e homeware store. In questa categoria il goodwill maggiore è raccolto da Happy Casa, seguita a strettissima misura da Risparmio Casa; il prossimo anno ci dirà se si verificherà il sorpasso. Negli altri tre comparti: giocattoli, casalinghi e petstore il quadro è molto più semplice. I leader sono rispettivamente Toys Center, Kasanova e Arcaplanet che confermano i dati dei precedenti anni.

A latere delle metriche basate sui big data di natura quantitativa e derivati da pos-scanner e loyalty card, si affianca la nostra metrica: chiara, coerente e incontrovertibile in quanto basata su un’ampiezza campionaria di circa 10.300 famiglie su un universo approssimato di 25 milioni. La qualcosa porta la rappresentatività al limite della ulteriore fattibilità: 1 famiglia ogni 2.465. Attribuire un riconoscimento come il CX Store Award implica un grande senso di responsabilità cui deve corrispondere la scientificità della metrica utilizzata. Con il termine “scientificità” intendiamo la possibilità di dimostrare, in base al metodo e la trasparenza dei dati, la fondatezza delle conclusioni raggiunte.