Il retail fisico italiano non arretra, ma cambia pelle. Dopo le turbolenze della pandemia, i centri commerciali si sono trovati a navigare in un contesto profondamente mutato, dove il consumatore, diventato più cauto e selettivo, riduce le spese voluttuarie e concentra le proprie risorse sul carrello della spesa, ancora appesantito dagli effetti dell’inflazione.
A fotografare questa trasformazione è l’analisi elaborata da Reno per Confimprese e presentata nel corso del “XIII Retail & real estate Italia”, che descrive un mercato in piena fase di riassetto, dove l’obiettivo non è più crescere in quantità ma in efficienza e valore.
Entro il 2028 sono previste 7 nuove aperture, tra Lombardia, Liguria, Sardegna e Sicilia, accompagnate da 3 ampliamenti di strutture già operative. Un numero apparentemente modesto, considerato che nel 2019 si prevedevano 16 aperture nel triennio successivo, ma che riflette un cambio di prospettiva: oggi si investe per rigenerare e non per moltiplicare. L’espansione si misura nella capacità di riqualificare, di riorganizzare l’offerta e di intercettare i nuovi comportamenti dei consumatori.
Con 16 strutture che hanno raggiunto livelli di eccellenza e un numero crescente di progetti di riqualificazione, il comparto per la prima volta va oltre il migliaio di centri attivi, mostrando segnali di maturità. La vacancy rate, stabilizzata tra il 3% e l’8%, indica che il mercato ha raggiunto un equilibrio dopo anni di oscillazioni. I centri di fascia alta tornano ai livelli pre pandemia, mentre quelli di dimensioni più contenute si riposizionano, ridefinendo il mix merceologico per attrarre marchi solidi e coerenti con la domanda.
“Il retail – osserva Mario Resca, presidente Confimprese – si sta trasformando e i centri commerciali si affermano come luoghi polifunzionali, dove le persone cercano socialità, intrattenimento e servizi. La crescita dei comparti food&beverage e pet è la prova di un consumatore più attento, che cerca esperienze accessibili senza rinunciare alla qualità”.
A trainare l’evoluzione del settore è la logica della prossimità: retail park, high street e negozi di quartiere registrano un saldo netto di oltre 550 aperture nel periodo 2021-2025. I consumatori, sempre più sensibili alla comodità e all’esperienza di acquisto, mostrano una preferenza crescente per i format urbani e gli spazi aperti.
Secondo Gian Enrico Buso, managing partner di Reno “il futuro del retail italiano sarà ibrido e opticanale: un modello che integra fisico e digitale, rigenerazione e innovazione, con un’attenzione particolare alle specificità territoriali. Non si tratta della fine dei centri commerciali, ma di una loro evoluzione naturale verso format più agili e sostenibili”.
Nel confronto con l’Europa, l’Italia si muove in sintonia con la Germania, dove la maturità del mercato spinge verso la riqualificazione dell’esistente. In Spagna, invece, l’espansione continua, mentre Regno Unito e Germania restano su posizioni attendiste, frenate da saturazione e costi elevati.
L’Italia appare dunque come un laboratorio che non punta più tanto alle nuove aperture, quanto alla ricerca di equilibrio, efficienza e valore. Una strategia di rigenerazione che, se sostenuta da politiche fiscali e occupazionali favorevoli, potrebbe consolidare la fiducia dei consumatori e trasformare i centri commerciali in veri hub sociali del territorio.

