Il 2025, complice la situazione politico-economica, ha rappresentato un cambio di passo nella governance europea della sostenibilità. A partire dal pacchetto “Omnibus” è stato scelto di rinviare al 2028 l’applicazione della direttiva sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (csrd) e della direttiva sulla due diligence (csddd). Inoltre, le nuove soglie – 1.000 dipendenti e 450 milioni di fatturato per la rendicontazione, 5.000 dipendenti e 1,5 miliardi per la due diligence – hanno di fatto esentato moltissime aziende europee, circa un 80%, dagli obblighi vincolanti oltreché è stata prevista una riduzione dei fattori da rendicontare secondo gli standard di riferimento (esrs).
È una deregolamentazione che, se è vero che cerca di semplificare per sostenere la competitività delle imprese, dall’altro passa il testi testimone del controllo al mercato e al consumatore. Secondo la ricerca “Sostenibilità: la comunicazione del brand nel vissuto del cittadino”, condotta da Swg per Centromarca e presentata in occasione del Salone della csr 2025, il 72% degli italiani considera una “responsabilità etica imprescindibile” il mantenimento degli investimenti sostenibili da parte dell’industria di marca. Le iniziative ambientali sono le più attese, seguite da quelle sociali ed economiche.
Il consumatore non è più spettatore, ma attore attivo. Il 69% degli intervistati ritiene che la sostenibilità, se ben comunicata, possa rappresentare un vantaggio competitivo per le aziende. Tuttavia, la fiducia non è automatica: solo il 28% crede che le imprese documentino in modo serio il proprio impegno, mentre il 44% le percepisce come strategie di marketing. La richiesta è chiara: meno slogan, più fatti. Il 37% degli italiani vuole messaggi supportati da dati verificabili, il 30% desidera spiegazioni semplici sugli effetti delle iniziative, e il 27% chiede informazioni certificate da fonti indipendenti. In un contesto in cui la regolazione si ritira, la reputazione aziendale si costruisce attraverso la coerenza, la trasparenza e la capacità di rispondere alle domande del pubblico.
Per il 50% degli italiani, acquistare un prodotto di marca significa sostenere standard elevati, anche etici. Tra i giovani, il legame con i valori del brand è ancora più forte: il 55% della Gen Z e il 56% dei Millennials vedono nel consumo una forma di appartenenza. Il paradigma quindi si inverte: se prima la sostenibilità era un obbligo imposto dall’alto, ora dovrà essere sostenuta sempre più dal basso, guidata dalla domanda, dalla fiducia e dalla consapevolezza del consumatore che, con le sue scelte quotidiane, dovrà saper orientare il mercato premiando le imprese che investono seriamente nel futuro. La vera domanda, quindi, diventa: il consumatore sarà in grado di far fronte a tutto ciò? Avrà le competenze, per orientarsi? Spirito critico nella lettura dei messaggi, capacità di interpretare le etichette, conoscenza delle certificazioni dovranno diventare sempre più competenze necessarie per fare scelte più consapevoli.

