Il Pier Shops at Caesars e una difficile rinascita

Concepito per ospitare un pubblico facoltoso di classe mondiale, ha avuto varie crisi, fino a essere recentemente svenduto. E adesso spera in un imprenditore che vuol provare a rinnovarne i fasti

È indubbiamente una destinazione suggestiva e affascinante quella che interrompe la lunga spiaggia di Atlantic City. Ciò nonostante, la decadenza di una città che non è mai realmente riuscita a incorporare l’indomabile vitalità dell’originale (e inimitabile) “Sin City”, cadendo anzi vittima dei suoi sogni megalomani disattesi, ha trascinato il Pier Shops at Caesars in un gorgo economicamente distruttivo. Qualche mese fa avremmo parlato di uno shopping mall bello e morente. Oggi, tuttavia, un filo di speranza è stato riacceso da un imprenditore che osa l’inosabile. Ma facciamo un passo indietro.

Il Pier fu concepito per ospitare un pubblico facoltoso di classe mondiale, che avrebbe frequentato ristoranti come Phillips Seafood, Buddakan, The Continental e Souzai Sushi and Sake, tutti premessa o conclusione di una dispendiosa vita notturna nei resort della città. Il luogo doveva ospitare poi le firme prestigiose di Gucci, Louis Vuitton, Burberry, Michael Kors & Tommy Bahama per accompagnare i fasti e gli sfarzi del lusso più sfacciato. E tutto si sarebbe svolto sul maestoso palcoscenico dell’Oceano Atlantico.

Ovviamente l’idea era nata, con smisurate ambizioni, seguendo le orme dei grandi immobiliaristi, tra cui quel Donald Trump, che nel 1990 aveva inaugurato il suo Taj Mahal casino-resort di 2.300 camere, con una memorabile performance di Michael Jackson. Questa enorme costruzione nel più puro stile kitsch era costata 1 miliardo di dollari, infondendo nuova speranza nell’ennesima “Atlantic City Renaissance”. Non meno interessante è però la storia antecedente all’attuale mall. Inaugurato come “The Million Dollar Pier” nel 1906, con i suoi 600 metri di lunghezza, il molo divenne da subito luogo di vibrante frequentazione. Ospitava “The World’s Largest Ballroom”, “The “Hippodrome Theater”, l’aquario e il “roller skating ring”, concerti ecc. assieme ad altri richiami quali le famigerate Dance Marathons degli anni ’30: tutti simboli della voglia di entertainment & leisure nella East Coast. Soprattutto il Pier divenne sede, nel 1925, del rivoluzionario concorso di Miss America Pageant, poi imitato ovunque. Tornando ai nostri giorni, nel 2006, il luogo entrò nella sfera di interessi della Taubman Centers, uno dei leader nel campo del retail real estate. La compagnia acquistò infatti “The Shops on Ocean One”, il minimall (piuttosto brutto, onestamente) che era stato ricavato nel 1983 dalla ristrutturazione del tratto finale del molo aggettante sul mare. La nuova costruzione sarebbe costata 200 milioni di dollari: non certo pochi per 30.000 mq di superficie calpestabile. Il frutto del progetto risultò indubbiamente spettacolare: 59 negozi di alta gamma, un parcheggio con 3.000 posti, quattro piani inclusi in una struttura longitudinale che terminava in un ampio volume completamente vetrato contenente un’enorme fontana. E il tutto era stato concepito come prolungamento dell’ennesimo Caesars Palace, emulo dell’archetipo di Vegas. Lo si poteva raggiungere, infatti, attraverso una galleria sospesa a due piani a scavalcare il soggiacente Boardwalk.

Passando a esaminare la struttura del complesso, va detto allora che esso si sviluppa sui quattro livelli, il primo dei quali è denominato appunto “The Boardwalk”. Destinato al turismo di passaggio e meno abbiente, costituisce una continuità dell’interminabile passerella lignea prospiciente la spiaggia su cui si affacciano alberghi, casinò e punti di vendita di ogni tipo. Quasi a rappresentare simbolicamente la gerarchia sociale ed economica degli Usa, il piano terra ospita dunque negozi e insegne “abbordabili” da chiunque, lasciando ai piani superiori l’esclusività delle marche e dei ristoranti più prestigiosi.

Il secondo livello, “The Skybridge”, è direttamente collegato al  Caesars attraverso la skyway già menzionata. I clienti del Casino possono così evitare di confondersi con la folla sottostante e accedere direttamente alle insegne upscale collocate ai lati dei  corridoi molto eleganti, il cui soffitto riproduce un firmamento stellato.

Proseguendo, attraverso l’atrio circolare al centro del mall, dal cui soffitto pende una cascata di gioielli oversize, si accede con varie scalinate alla Promenade. Questa è forse l’area più suggestiva, poiché la vetrata del suo passaggio perimetrale consente di ammirare lo splendido skyline (specie al tramonto) comodamente rilassati nelle sedie Adirondack, collocate in isole sabbiose evocative della spiaggia sottostante. In questo perimetro si trovano raffinati ristoranti, bar e club tutti concepiti in linea con l’high standing  consono al concept ispiratore. Infine il quarto livello è dedicato a One Atlantic, un locale di 1.300 mq previsto per eventi, matrimoni, party da svolgere al coperto o all’aperto nell’adiacente terrazza.

In conclusione si può dire che ben pochi altri mall possono godere di una location così spettacolare da risultare un must per ogni visitatore della città. Ulteriormente, il fascino del luogo è accentuato da “The Show Water”: una realizzazione di Thinkwell Group (azienda leader nell’experience design), che ha collocato una gorgogliante fontana alimentata da 150 ugelli che proiettano ritmicamente i loro getti fino a un’altezza di 20 metri. Al tempo stesso, un elaborato sistema idraulico genera una pioggia di 19.000 galloni d’acqua durante i sei minuti di un’esibizione che si ripete ogni ora. A completamento del tutto, 179 proiettori a led riflettono la propria “luce dinamica” sull’acqua, sortendo effetti cromatici sincronizzati con i brani musicali emanati da un raffinatissimo e potente impianto audio. La qualcosa non sfigura certamente rispetto ai celebri giochi d’acqua del Bellagio della rivale Las Vegas e attira un pubblico che guarda stupito l’insolito spettacolo dalle balconate dei vari livelli.

Tutto questo però non è bastato a salvare il Pier Shops dal meltdown del business legato ai casinò. Oggi, chi conosce il luogo ricorda che a poche centinaia di metri dagli sfarzi dei resort frequentati soprattutto dai pensionati drogati dal gambling e attratti dai prezzi stracciatissimi di hotel diversamente proibitivi, sono evidenti le tracce fatiscenti di un tessuto urbano in decadenza. Il lusso, che pur sempre resiste a ogni crisi economica, si è orientato altrove. Molti stati in concorrenza con il New Jersey hanno scelto di rimpinguare le loro casse esangui lasciando prosperare il gioco d’azzardo per poterlo tassare. Il valore delle proprietà immobiliari ad Atlantic City è conseguentemente crollato a picco.

Strano destino allora quello del Pier, divenuto, in passato, oggetto di scalate ostili e di complesse battaglie legali con il vorace colosso del real estate Simon Group. Ma questo era ciò che avveniva prima del tracollo, mentre recentissimamente questo shopping mall è stato svenduto a un whopping discount. Poiché il sistema economico basato sul libero mercato aborre il vuoto, Bart Blatstein, un imprenditore di Philadelphia, lo ha rilevato per la cifra davvero modica di 2,8 milioni di dollari: poco più del 2% del valore iniziale. Egli intende affidarlo all’architetto Paul Steelman, un grande specialista nel campo dei casinò-resort che vanta tantissime, spettacolari realizzazioni come il Grand Venetian di Macao, il desert Butterfly di Dubai, il Vegas di Mosca ecc.

La sfida, tuttavia, è a dir poco ardua. La recessione, messa in moto dal crollo finanziario del 2008, ha infatti già travolto i progetti più sontuosi di Atlantic City,  e  una città che non ha mai saputo mantenere la promessa di una rinascita sempre auspicata (e sempre rimandata) ormai da troppi anni. “Fortuna nunquam sistit in eodem statu. Semper movetur: variat et mutat vices”, direbbe Ausonio, e dunque, a coloro che guardano al retail marketing in maniera univoca e dogmatica, il Pier Shops at Caesars ricorda che a volte l’ingegno e la disponibilità finanziaria non bastano ad assicurare il successo.

 

Marco e Daniele Tirelli, Amagi

Daniele Tirelli