Il servizio clienti è una leva di fidelizzazione troppo sottovalutata

Il servizio clienti rappresenta un asset chiave per la fidelizzazione e addirittura favorisce la propensione alla spesa dei consumatori, ma le aziende sembrano non essersene accorte completamente. Questo è quanto emerge dall’ultimo Barometro Customer Service di American Express realizzato dall’istituto di ricerca Ebiquity, che ha coinvolto circa 1.000 consumatori italiani con l’obiettivo di valutare ed esplorare gli atteggiamenti e le preferenze dei consumatori nei confronti del servizio clienti delle aziende.

La soddisfazione per il servizio clienti può essere una leva importante per aumentare il livello di spesa media: lo ha dichiarato il 58% degli intervistati, che a fronte di un servizio clienti eccellente è disposto a spendere in media l’8% in più. Sulla base di testimonianze dei propri clienti in Italia, American Express ha potuto rilevare che i titolari di carta che hanno avuto esperienze positive con il servizio clienti hanno incrementano la spesa addirittura del 20-25%.

“L’esperienza di relazione tra cliente e brand – commenta Daniela Cerboni, vicepresidente head of World Services di American Express in Italia – sta assumendo in questi anni un ruolo sempre più centrale. La fiducia e l’affinità che possono nascere da un servizio personalizzato, preparato e attento generano un circolo virtuoso davvero straordinario”.

Secondo quanto emerso dall’indagine, un buon servizio clienti, in grado di soddisfare le esigenze dei consumatori è fondamentale per instaurare una relazione duratura e di valore. Infatti, basta un’esperienza negativa per convincere il 43% degli intervistati a non concludere un acquisto e il 45% addirittura a cambiare negozio o ad abbandonare un brand, creando un pericoloso volano negativo di passaparola. Inoltre, se la propensione a condividere sempre ciò che è positivo è elevata, lo è ancora di più quando si tratta di raccontare esperienze negative: ben il 64% dei consumatori riporta puntualmente ogni lamentela e problematica incontrata, e la media dei destinatari del suo racconto salgono del doppio in caso d’insoddisfazione.

Per essere competitive, le aziende devono quindi fare uno sforzo ulteriore, anche perché il 38% dei consumatori italiani ritiene che, nell’attuale situazione economica, le imprese dedichino sempre meno attenzione alla qualità del servizio offerto; una percezione che è cresciuta di 9 punti rispetto al 2010. E contemporaneamente solo il 3% dichiara di avere avuto esperienze con un customer care in grado di superare le aspettative. I clienti chiedono competenza, velocità e personalizzazione. È necessario investire nella formazione del personale, che deve essere qualificato e in grado di rispondere direttamente alle domande del cliente (73%) o di mettere il cliente velocemente in contatto con chi è in grado di farlo (62%). Fondamentale anche la cura nel richiamare il cliente in tempo (46%) e l’offerta di un servizio personalizzato (35%).

Il canale preferito per le richieste di assistenza varia a seconda della complessità. L’assistenza online, che sia un’app o un’email aziendale, è la prima scelta (37%) quando si tratta di esigenze semplici, come l’individuazione di un prodotto o il controllo di un saldo del conto; invece, per esigenze più complesse diventa fondamentale (59%) la possibilità di parlare direttamente con il personale addetto al servizio clienti, sia telefonicamente sia personalmente. Anche i social media sono utilizzati, e sempre più, per contattare direttamente il servizio clienti: il 49% dei consumatori li ha utilizzati proprio per avere una risposta (dato in aumento di 30 punti rispetto al 2012), soprattutto in merito a richieste di assistenza per problemi con i prodotti o servizi.

La conclusione della ricerca è che eccellere nel servizio clienti può essere la leva per crescere ed essere competitivi, perché consente di attirare e mantenere i clienti, aumentare la loro propensione all’acquisto e avere una “recensione” positiva spontanea che può avere risonanza anche ben oltre le conoscenze dirette di chi la scrive.

Roberto Giardini