Italiani ancora guardinghi e meno fiduciosi sull’Europa

Il 2016 è un anno di svolte o di possibili cambiamenti che possono incidere sul futuro dell’Europa: la Brexit a giugno, e il conseguente slittamento e forse congelamento delle discussioni sul Ttip, il voto della Vallonia, che ha bloccato un accordo dell’intera Ue con il Canada, le elezioni americane e il referendum costituzionale. Anche l’Italia sembra sul punto di svoltare, ma non è prevedibile dove: diverse forze si contrappongono, generando un susseguirsi di disequilibri, come rileva il rapporto Acri sul risparmio e consumi degli italiani.

Da una parte ci sono elementi che sostengono una nuova fiducia: il Pil, sia pur modestamente, cresce per il secondo anno di fila, gli ottimisti sul proprio tenore di vita sono ben più dei pessimisti, aumenta il numero di coloro che riescono a risparmiare, lentamente si rimargina l’emorragia di consumi, e anche l’immobiliare appare in ripresa: gli italiani stanno meglio di due-tre anni fa. Dall’altra parte la ripresa, comunque assai timida, non ha riguardato tutti; più di un quarto delle famiglie soffre in maniera diretta o indiretta della crisi, la cui fine appare a tutti ancora piuttosto lontana. La ripresa sembra polarizzare sempre di più i cittadini: quelli che ritrovano una certa tranquillità e stabilità, quando non un miglioramento, e quelli che continuano a non vedere vie d’uscita e sono sempre più negativi. Oltre a questi problemi domestici, la situazione dell’Ue sembra generare diversi timori per il futuro del Paese: per anni l’Europa ha rappresentato un punto di forza e di orgoglio per gli italiani; per la prima volta coloro che non hanno fiducia nell’Unione Europea sono maggioritari: il 54% rispetto a un 46% che si fidano, i quali dal 2009 a oggi sono arretrati di ben 23 punti percentuali. Questo fenomeno ha avuto due stadi: un primo momento l’Ue ha perso la sua vena di “simpatia”, in generale con la gestione della crisi greca, ora rischia di perdere credibilità e aspirazionalità in quanto appare come un edificio pieno di crepe che deve ritrovare il proprio senso. E il senso per gli italiani è di una vera Europa unita, con una costituzione comune e regolamenti quanto più affini, che marcia in un’unica direzione, non una mera unione economica o monetaria.

Gli italiani hanno un forte desiderio di un domani migliore, più semplice e meno entropico, ragion per cui vivono male il ritorno dell’incertezza e sono alla ricerca di elementi che consentano di amministrare il disordine: al crescente desiderio di consumare, rimane affiancata l’alta selettività delle spese. Il risparmio in questa situazione rappresenta un ponte verso il futuro, sia perché riduce i rischi della famiglia, e nel contempo la educa a un consumo responsabile, sia perché offre la possibilità di destinare risorse economiche dove possono essere più produttive. Per questo, nonostante un allentamento della tensione sul consumo, che ha indotto comportamenti più rilassati, specie sulla telefonia e nelle spese alimentari e per la mobilità (auto), rimane molto forte la propensione al risparmio e la preferenza per la liquidità: sintomo di un paese guardingo e che non crede che la situazione di ripresa sia consolidata.

Andrea Alemanno