Le organizzazioni no profit puntano sul merchandising per fidelizzare

Luca Finetto08/05/2018

Se stiamo ai dati del “9° censimento dell’industria e dei servizi” del 2016, in Italia sono attive oltre 301.000 istituzioni no profit, un mondo molto vasto che include enti e associazioni riconosciute e non, cooperative sociali, fondazioni e altro ancora. Numeri sicuramente importanti, anche perché diverse onlus possono contare su un seguito di milioni di sostenitori, in particolare quelle che trattano temi inerenti alla salute e alla ricerca medica, ma anche quelle dedicate all’ambiente, che hanno costituito vere e proprie community on e offline.

Le campagne d’informazione e sensibilizzazione, nonché le attività inerenti all’oggetto statutario (di aiuto, di formazione ecc.) vengono svolte da enti, onlus, semplici associazioni nella misura in cui i fondi lo consentono: è per questo che molte di queste organizzazioni hanno scelto ormai il merchandising come una sostanziale e costante fonte di entrate, che va a integrarne altre (dalle quote associative alle donazioni, dagli abbonamenti all’house organ alla raccolta fondi con le attività nelle piazze e così via), e come tale viene pianificata.

Il merchandising investe una gamma davvero ampia di prodotti che vengono venduti alle varie tipologie di sostenitori delle entità no profit. Le categorie di prodotti a copertura degli interessi dei sostenitori attuali e potenziali sono decise praticamente secondo le stesse modalità adottate per realizzare un catalogo loyalty della distribuzione, considerando quindi articoli di pratica utilità, altri di puro leisure, altri ancora ornamentali. Complessivamente i prodotti prescelti devono accontentare i desideri personali dei componenti della famiglia, privilegiando la casa, il benessere fisico, gli animali domestici.

Nella scelta degli articoli ha un peso preponderante la coerenza con la mission dell’ente e altrettanto forti sono i vincoli etici nonché relativi alla salubrità e all’impatto ambientale. Se talvolta la fonte di fornitura è quella del commercio equo e solidale, per dar vita a un circolo virtuoso di reciproco sostegno, altre volte nella definizione delle referenze vengono privilegiati l’appeal del design creativo e la manifattura di qualità italiana.

Non raro è il ricorso a griffe della moda, alle quali viene chiesto di disegnare appositamente una piccola serie di prodotti. In questo modo, talvolta si raggiunge il sold-out o almeno una buona percentuale di articoli venduti, rendendo così possibile stabilire una rotazione profittevole delle scorte.

Tutto questo viene ignorato o quasi dalle molte aziende che operano nel promozionale per la grande distribuzione. Sicuramente i volumi sono diversi, ma nemmeno tanto per quelle onlus che contano milioni di aderenti. Associazioni e fondazioni di piccole dimensioni, o che operano in campi molto specializzati, non sono comunque da trascurare. Le associazioni no profit mirano a fare recruiting di soci e fidelizzazione proprio con le tecniche del profit, come per esempio il merchandising.

Luca Finetto

Oltre quindici anni di esperienza nel mercato promozionale, ha gestito con successo l’attività nel canale di brand come Armani, Fiorucci, Fossil, Moulinex, De’Longhi, Atala, Antinori, Breil. Oggi di Ops!, Usag, G3Ferrari, Black&Decker...