Si uniformano i processi alla base della fedeltà

Antonio Votino31/10/2018

Chi ancora pensa che i consumi siano influenzabili solo per alcuni segmenti di clienti o di tipologia di prodotti è su una pista sbagliata. Il look firmato, le fuoriserie fiammanti, i grandi shopping center e gli status symbol in voga a Parigi, New York, Londra o Milano sono oggi gli stessi di Città del Messico, Shanghai o Johannesburg, come identici sono i meccanismi che portano un cliente fedele a un brand a diventare ambasciatore dello stesso, sia esso un frollino o un viaggio. Empatia, coinvolgimento, gioco e naturalmente convenienza sono alla base dei processi di fedeltà.
In meno di due decenni la mappa di utilizzo dei sistemi di fidelizzazione si è allargata a latitudini e longitudini inattese, inseguendo un pattern metodologico a macchia di leopardo. Alcuni retailer sono giunti al processo di fidelizzazione nel tentativo di segmentare la clientela su parametri economici, di frequenza e di contenuto del carrello. Altri, invece, spinti dalla necessità di digitalizzare l’esperienza di vendita (ecommerce su tutto). Si tratta di un fenomeno mondiale: lo stile di vita del mondo industrializzato ha attecchito laddove si è creata nuova ricchezza, e con esso è esplosa – accanto alle costanti della povertà e della sottoalimentazione – la ricerca di consumi sempre maggiori. Contemporaneamente, il modello di consumatore compulsivo, privo d’intenzionalità che si era affacciato sul finire degli anni Novanta è stato sostituito da quello di un consumatore parsimonioso e meno bulimico degli anni Duemila. L’allocazione del reddito si è spostata su consumi diversi o, meglio, su un nuovo modo di consumare, influenzato dalle nuove tecnologie che consentono di sapere di più, avendo accesso a più offerte per lo stesso prodotto o servizio. Ed è inutile e dannoso il tentativo di quanti pensano di mantenere quote di mercato solo abbattendo i prezzi dei prodotti. L’acquirente ricerca oggi modelli compatibili con le proprie possibilità (right pricing), compra servizi ancor prima che oggetti e connota di etica ogni proprio comportamento.
L’individuo cliente ricomincia a progettare, a intendere la propria presenza come parte di un obiettivo corale, che va colto anche intercettandolo sui social network. Il consumo diviene creativo, consapevole ed evoluto, contraddistinto da una dimensione etica (è collettivo, conviviale, peer to peer) e da una estetica (legata al godere del poco, della fragilità, dell’attesa).
Le aziende hanno una grande opportunità, grazie alle possibilità offerte dalla tecnologia (è scomparsa l’asimmetria informativa), costrette a un rapporto paritario con la loro clientela che può essere facilitato da programmi marketing che pongano come obiettivo un patto di lealtà: io (azienda, punto di vendita, prodotto) ti do sempre più occasioni e vantaggi per restare in contatto con me, tu cliente preferisci me, parli di me e coinvolgi gli altri verso di me. Quando le nuvole della crisi saranno scomparse, insomma, il cielo non sarà più lo stesso; è bene prepararsi in tempo.

Antonio Votino