Se sono i consumatori ad abusare della buona fede pubblica

Gianni Tomadin10/01/2014

Tra i motivi storici alla base della complessa normativa cui sono soggette in Italia le attività promozionali s’individua la volontà del legislatore di salvaguardare la buona fede pubblica: il promotore deve offrire ai destinatari precise garanzie. Nel caso dei concorsi le misure più importanti sono: redigere e depositare un regolamento, predisporre una cauzione a garanzia dei premi, assicurare la presenza di un notaio, o funzionario camerale, nelle fasi di assegnazione dei premi e al termine offrire evidenza alle autorità che i premi siano stati effettivamente consegnati ai vincitori o alla onlus.

È opinione generale che complessivamente sia stato centrato l’obiettivo di garantire la buona fede pubblica e che le aziende promotrici, quantomeno quelle di una certa dimensione, seguano diligentemente la normativa. Questo avviene non solo a causa del deterrente delle elevate sanzioni, ma anche perché nell’era digitale le aziende non si possono permettere di far scatenare un tam tam nei social media per aver gestito male una promozione.

Paradossalmente, si segnala un fenomeno opposto: che siano alcuni consumatori ad abusare del sistema vigente. Tra i partecipanti alle manifestazioni abbiamo una minoranza di essi, definita “concorsisti”, che con estrema dedizione cerca di vincere più premi possibili. Questo gruppo a sua volta si suddivide in due categorie. La prima è quella composta da coloro che si adoperano con le più disparate strategie per massimizzare le loro probabilità di vincita, spesso a fronte dell’acquisto di centinaia di prodotti in promozione. Nonostante non suscitino simpatia, bisogna riconoscere che fanno bene all’industria, poiché aumentano le partecipazioni, l’interesse nelle promozioni e le vendite. La seconda categoria è purtroppo composta da soggetti che sfruttano i buchi dei sistemi con multiple identità, arrivando a fabbricare false prove d’acquisto. L’eccessivo garantismo e la scarsa propensione a intraprendere azione legale da parte delle aziende promotrici consentono il proliferare di questi personaggi, che molto spesso riescono a ottenere dei premi senza averne diritto. Le agenzie sono troppo spesso impotenti nell’impedire l’assegnazione del premio per mancanza di prove.

Idee per ridurre il fenomeno? All’estero il promotore ha semplicemente molta libertà nell’escludere i concorsisti. Con il sistema italiano questo non è consentito. Potrebbe essere un’idea introdurre delle multe da poter infliggere ai concorsisti in tutti quei casi in cui viene provata la tentata truffa. Perché sanzionare solo le aziende? Anche i concorsisti disonesti non consentono parità di trattamento tra i partecipanti.

*gianni@concorsiepremi.it

Gianni Tomadin