Il marketing che fa bene al welfare

Per il lavoratore ha un valore 4,5 volte superiore rispetto alla spesa sostenuta dall’azienda. E per l’azienda è uno strumento che può incrementare i ricavi oltre il 10%. È il bello del welfare aziendale e lo certificano due ricerche indipendenti. Da un lato, The European House-Ambrosetti ha analizzato l’impatto delle strategie di corporate welfare sulle aziende italiane: a fronte di una spesa media dell’impresa di 2.500 euro l’anno in benessere per ogni singolo lavoratore, il valore reale per il dipendente è di oltre 11.000 euro, con un coefficiente di moltiplicazione pari, appunto, a 4,5 volte.

Dall’altro, secondo un recente rapporto redatto dal team Sda Bocconi guidato da Alberto Dell’Acqua (Welfare aziendale: strategia per la crescita economica delle imprese e il benessere dei lavoratori), l’introduzione di queste pratiche produce effetti significativi e aumenta in misura considerevole la probabilità di conseguire un incremento dei ricavi superiore al 10%. Una strategia in cui tutti vincono, imprese e dipendenti. Forse per questo, negli ultimi anni, le imprese italiane hanno reagito ai bisogni dei dipendenti inserendo sempre più misure di welfare nei contratti: succede nel 59,5%, secondo gli ultimi dati rilasciati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali lo scorso novembre. E, sebbene lentamente, cresce anche il riconoscimento del welfare come leva strategica di sviluppo: è così oggi per il 14,1% delle aziende, contro il 6,4% nel 2016.

“L’attenzione dell’azienda nei confronti delle persone che vi lavorano – spiega Matteo Romano, ceo e founder di Tantosvago – crea un incentivo concreto che va oltre il mero aspetto salariale, contribuendo a stabilizzare il personale riducendo anche il rischio di fuga di talenti. Il welfare aziendale, se implementato con attenzione e lungimiranza, diventa un elemento fondamentale nella costruzione di una cultura aziendale inclusiva e orientata al successo a lungo termine, dimostrando che il benessere delle persone è una priorità strategica, non un semplice ‘contentino’. Ed è con la costruzione di questo clima che nascono le idee migliori per il business. Per questo l’implementazione del welfare deve essere una priorità per il management di un’azienda, al pari di un traguardo commerciale”.

Cosa desiderano gli impiegati? L’89,2% lo vorrebbe personalizzato. Ecco il welfare desiderato dagli italiani, secondo l’ultimo Rapporto Censis-Eudaimon (2024). Personalizzato e, se possibile, con offerte modulate sulle singole esigenze di ciascuno, perché solo così, dicono gli intervistati, si avrebbero impatti positivi sull’engagement. Il 72,4% degli occupati apprezzerebbe un consulente che li supportasse nell’affrontare eventuali problemi con la sanità, la previdenza o la scuola dei figli. Percentuale che sale nel caso di dirigenti (79,9%) mentre l’idea piace al 68,8% degli operai. Il 90,6% dei dirigenti, poi, vorrebbe che i servizi di welfare aziendale fossero gestibili con un’app sullo smartphone così da rendere più facile l’utilizzo. I piani di welfare in generale, e in particolar modo quelli più strutturati, presuppongono infatti una facilità di utilizzo e di fruizione e in tal senso la tecnologia gioca un ruolo decisivo attraverso strumenti digitali, piattaforme e app che aiutano a semplificare il processo e l’accesso immediato alla molteplicità di benefit messi a disposizione dalle aziende. Perché ormai è chiaro: il welfare piace e viene visto come un elemento essenziale per la soddisfazione delle esigenze pratiche di chi lavora e per la crescita del business. Una situazione, quindi, che crea valore nel medio e lungo termine per entrambe le parti coinvolte, lavoratori e azienda.

Aziende più competitive se ci sono i benefit. Il welfare aziendale costituisce anche un investimento utile per l’impresa. È una percezione diffusa e confermata dall’ultimo Osservatorio di Edenred: circa 8 dipendenti su 10, infatti, ne intravedono le potenzialità in termini di efficacia nel raggiungimento degli obiettivi di business, ed è positiva anche la convinzione di una maggiore competitività attribuita alle aziende dotate di tali programmi rispetto a quelle che non ne hanno. Ancora una volta, maggior consapevolezza e convinzione emerge da parte dei lavoratori che vivono già l’esperienza di un’offerta concreta di welfare aziendale e, tra i fattori cruciali per la competitività, per il 79% dei dipendenti vanno inserite anche le pari opportunità tra donne e uomini, nei fatti e non a parole; una convinzione maggiormente diffusa, non stupisce, nelle grandi multinazionali (84%) e, in generale, tra le donne (83%).

Ma quali benefit? Nell’offerta generale di servizi welfare prevalgono i buoni pasto nel 42% dei casi, poi i servizi per la salute (37%) e la flessibilità dell’organizzazione del lavoro, con il 30%. Agli ultimi posti, sempre secondo Edenred, i servizi per la mobilità, 13%, e i servizi alla persona e ai familiari dei dipendenti con l’11%. I ricercatori segnalano come dato interessante il 19% dei servizi per figli dei dipendenti, soprattutto nelle aziende più grandi, con oltre mille occupati. Sempre molto apprezzati altri classici strumenti di sostegno al reddito come i buoni benzina (24%), i buoni acquisto (23%) e il rimborso alle utenze domestiche (13%). Le percentuali crescono significativamente tra i dipendenti che hanno un piano di welfare. Anche in questo caso, la differenza maggiore è tra chi ha già provato cosa significa vivere in una azienda che offre welfare e chi invece, non ne ha mai avuto l’occasione: i primi conoscono e apprezzano di più, con uno scarto superiore al 27% rispetto a chi non ha un programma welfare.

“Il benessere e la felicità delle persone – dice Giacomo Piantoni, direttore risorse umane del Gruppo Nestlé in Italia – costituiscono il pilastro fondamentale di ogni sistema di welfare e della nostra filosofia aziendale” dove, tra le altre misure di welfare particolarmente gradite dalle persone, spiccano quelle legate alla salute fisica e mentale, in particolar modo la possibilità di effettuare una visita medico-sportiva o di prevenzione, poi il kit per lo smart working e il bonus arredo per attrezzare la propria casa ad ufficio. “Vogliamo essere al fianco delle nostre persone, aiutandole e costruendo insieme a loro una modalità di lavoro che non sia in contrasto con la vita privata, ma – sottolinea Piantoni – che contribuisca al benessere generale. E da qui è partito, quest’anno, un nuovo programma, con novità come il servizio di supporto in situazioni di stress legate al diritto di famiglia o della casa, e una piattaforma di flexible benefit per scaricare buoni e voucher”. I dipendenti potranno infatti scegliere di convertire parte del premio di risultato, inclusa la relativa quota di contributi, in credito welfare.

Il viaggio, dice Lorenzo Mazzucchelli, travel welfare commercial manager di Bluvacanze, è well being e si sposa perfettamente con il principio del welfare aziendale: “Il 70% delle richieste di welfare rientra nel settore ricreativo e i viaggi, così come le vacanze, ne rappresentano la stragrande maggioranza. Nel Gruppo Bluvacanze, il travel value del welfare aziendale, transato sia dalle agenzie di viaggio sia attraverso la piattaforma online Bluwelfare.com, è triplicato dal 2019, quando abbiamo lanciato il servizio. E non registriamo una crescita solo nei singoli servizi (accomodation, transportation ecc.), ma soprattutto nei pacchetti-vacanza, nelle loro varie declinazioni. Da menzionare, la biglietteria ferroviaria, che è triplicata; noi siamo gli unici a offrirla sia con Italo sia con Trenitalia. Siamo anche l’unico network di punti di vendita di viaggi ad avere inserito i carnet Edenred usufruibili come fringe benefit: una proposta apprezzatissima, che in soli tre mesi è letteralmente decollata”.

Loyalty program, ora anche per i dipendenti. I programmi fedeltà progettati per premiare e incentivare i clienti abituali di un’azienda o di un marchio hanno da tempo dimostrato la loro efficacia e sono tra le leve più utilizzate dal marketing. E se lo stesso principio valesse anche per i dipendenti? L’ipotesi è stata messa alla prova da un recente studio (Whappy, 2022). Il risultato? I dipendenti che partecipano ai programmi fedeltà hanno il 33% in più di probabilità di essere soddisfatti del proprio lavoro e il 25% in più di probabilità di rimanere con l’azienda per più di tre anni. L’idea, dunque, è questa: considerare i dipendenti al pari dei clienti e affiancare, accanto alle tradizionali forme di welfare, nuovi programmi loyalty, per premiare e incentivare la fedeltà e creare un legame più stretto tra l’azienda e i suoi dipendenti. I programmi fedeltà passano dunque dalla direzione marketing a quella delle risorse e possono assumere diverse forme di incentivo, come sconti, punti fedeltà, premi, accesso a eventi speciali, omaggi, e altro ancora. Per esempio, si potrebbe immaginare un programma di fedeltà destinato sia ai clienti di un supermercato che ai suoi dipendenti. I lavoratori, conoscendo le offerte o gli eventuali premi in quanto primi fruitori, saranno anche più motivati nell’informare i clienti e nell’invogliarli a partecipare.

Un dipendente motivato è il miglior ambassador verso i clienti. Usati in questo modo, i programmi loyalty rivolti ai dipendenti diventano una risorsa potente, perché può contribuire a trasformare i dipendenti in veri e propri ambassador, motivati a dare il massimo per la crescita e il successo dell’azienda. Quando i membri di un team di lavoro sono felici e soddisfatti, infatti, è più facile che diventino automaticamente una sorta di sponsor verso i clienti, e quando un cliente interagisce con un dipendente che trasmette passione ed entusiasmo per ciò che fa, si sentirà coinvolto e apprezzato: un’influenza decisamente positiva sulla percezione del brand. Sull’onda di questa idea, sono sempre di più le aziende che offrono ai propri dipendenti, tra i diversi bonus, anche i premi fedeltà. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di programmi ben strutturati per premiare i dipendenti di lungo corso e, contemporaneamente, incoraggiare i nuovi talenti a prolungare la loro esperienza. I premi fedeltà, dicevamo, possono assumere molte forme e venire offerti ai dipendenti in base alla loro durata del servizio o ad altri criteri di loyalty. Funzionano bene, in quest’ottica, i bonus in contanti, le carte regalo o il tempo libero retribuito. E dal punto di vista del datore di lavoro, i premi fedeltà sono un costo contenuto ma dagli esiti molto concreti: investire nella retention dei talenti, infatti, non solo aiuta a mantenere un team di lavoro competente e motivato, ma può anche ridurre i costi legati alla selezione e alla formazione di nuovi dipendenti e migliorare la reputazione e l’immagine dell’azienda sul mercato del lavoro.

“Un sintomo di benessere in azienda – sottolinea Diego Toscani, ceo dell’agenzia loyalty Promotica – è la cosiddetta ‘employee retention’, ovvero la capacità dell’impresa stessa di far rimanere a lungo nel proprio organico i dipendenti. Questo si traduce in stabilità produttiva, know how interno elevato e anche minori costi di formazione per i nuovi arrivati. A completare questo quadro, anche l’employer branding: se il dipendente si trova bene a lavorare in azienda, sarà più propenso a parlarne positivamente e a richiamare l’attenzione anche di altri potenziali nuovi collaboratori”.

 

Alberto Plantamura, welfare & benefit senior manager di Sky

SKY, UN MODELLO DI ECCELLENZA

Il successo di una grande azienda dipende in buona parte dall’impegno e dalla soddisfazione delle persone. In un panorama lavorativo in continua evoluzione, dove la centralità del capitale umano e la sua soddisfazione assumono un ruolo sempre più determinante per il successo aziendale, Sky dedica molta attenzione al benessere dei propri dipendenti. “Il successo aziendale dipende in buona parte dall’impegno e dalla soddisfazione delle persone”, dice infatti Alberto Plantamura, welfare & benefit senior manager. Attraverso il suo programma di welfare aziendale, Well4You, Sky supera il concetto di semplice erogazione di benefit, ponendosi come paradigma di eccellenza nella cura del capitale umano. “Well4You – conferma Plantamura – nasce da un ascolto continuo delle esigenze dei lavoratori, con l’obiettivo di creare un ambiente di lavoro inclusivo, supportivo e stimolante, dove ogni individuo possa sentirsi valorizzato e parte integrante di un progetto comune”. La forza di Well4You risiede nella sua ampiezza e flessibilità: il programma comprende una vasta gamma di servizi e benefit che si adattano alle diverse necessità dei dipendenti, coprendo aree cruciali come la salute e il benessere, la famiglia, lo sviluppo professionale e il tempo libero. L’impegno di Sky nel welfare aziendale non si traduce solo in un miglioramento della qualità della vita dei dipendenti, ma genera valore concreto per l’intera azienda e per tutti gli stakeholder. La soddisfazione dei dipendenti, che si sentono valorizzati e supportati dall’azienda, si traduce in una maggiore produttività, creatività e innovazione da parte del team: così migliorano le performance aziendali e la reputazione sul mercato. Un ambiente di lavoro attento al benessere dei dipendenti, inoltre, riduce il turnover e aumenta la retention dei talenti, favorendo la stabilità e la crescita del team. Questo permette a Sky di beneficiare delle competenze e dell’esperienza dei propri dipendenti nel lungo periodo, evitando i costi e le difficoltà associate all’assunzione e alla formazione di nuovo personale. Dipendenti motivati e soddisfatti, più produttivi, creativi e innovativi, contribuiscono direttamente al successo dell’impresa e alla sua reputazione, ma non solo: un’azienda che investe nel benessere di manager e impiegati si posiziona come datore di lavoro attrattivo e all’avanguardia, aumentando la propria brand awareness sul mercato e facilitando il reclutamento di talenti. È così che Sky riesce ad attrarre e trattenere i migliori professionisti, garantendosi un vantaggio competitivo. Senza contare il maggiore engagement degli stakeholder: un approccio attento al benessere del capitale umano, infatti, serve a migliorare le relazioni con tutti gli stakeholder, dai clienti ai fornitori, generando un clima diffuso di fiducia e collaborazione reciproca. “L’impegno per il benessere dei dipendenti non è solo una dimostrazione dei nostri valori fondamentali – conclude Alberto Plantamura – ma rappresenta anche una strategia aziendale intelligente e lungimirante”.

 

Alberto Fascetto, consulente e docente esperto in strategie digitali e piani di sviluppo aziendale, autore di “Comunicazione aziendale interna – strategie per migliorare il dialogo e senza di appartenenza”, Ikonos, 2023

COME MIGLIORARE LA MOTIVAZIONE E L’ENGAGEMENT IN AZIENDA

di Alberto Fascetto, consulente e docente esperto in strategie digitali e piani di sviluppo aziendale, autore di “Comunicazione aziendale interna – strategie per migliorare il dialogo e senza di appartenenza”, Ikonos, 2023

La comunicazione interna gioca un ruolo fondamentale nel promuovere una cultura positiva e nel consolidare la reputazione dell’azienda sul mercato. Promuovere una comunicazione trasparente e incentrata sui valori aziendali non solo aumenta l’efficienza organizzativa ma anche la soddisfazione e la fedeltà dei dipendenti. Alti tassi di engagement producono risultati positivi sia per le persone che per le organizzazioni e una cultura che ruoti attorno al benessere del dipendente può fare bene al business. Per esempio, vi possono essere comportamenti che promuovono la fiducia: condividere le informazioni in modo esteso, riconoscere l’eccellenza in maniera pubblica, dare obiettivi chiari e raggiungibili, sviluppare un ambiente di autonomia e discrezionalità operativa. Un’altra componente essenziale è l’etica aziendale: le aziende che integrano valori etici nella loro comunicazione interna riescono, meglio di altre, a creare un legame fiduciario con gli stakeholder. Un ulteriore passo strategico, infine, è il coinvolgimento attivo di tutte le funzioni aziendali, dal marketing al commerciale, nelle attività di welfare: in questo modo si garantisce un ambiente di lavoro positivo e autentico più diffuso, che paga dividendi tangibili nel lungo termine.

Gabriella Colombo e Gabriela De Luca