L’app è al centro degli investimenti per la fidelizzazione

Using smartphone, standing. Woman is shopping in the supermarket.

Il 90% delle aziende ritiene che i programmi fedeltà dovrebbero dare più servizi che creano valore per il cliente e/o il prospect nelle diverse fasi della loro journey: è quanto emerge dalla ricerca 2025 su “Lo stato della loyalty in Italia”, presentata il 16 ottobre al XXV Convegno dell’Osservatorio Fedeltà UniPr, che da un quarto di secolo analizza gli sviluppi delle strategie di fidelizzazione e crm nel nostro paese.

Secondo il 74% dei rispondenti, al centro della fidelizzazione dei prossimi anni ci sarà un’app con la quale il cliente avrà accesso a molteplici servizi: coerentemente con queste opinioni, anche gli investimenti dei brand premiano l’app, che sarà al primo posto tra i touchpoint su cui si investirà nel 2026, superando, benché di poco, il programma fedeltà come touchpoint principe per la fidelizzazione (al primo posto per oltre il 40% dei rispondenti).

La ricerca, che ha visto 254 diverse aziende rispondenti, di cui 153 appartenenti a 11 settori del mondo “brand” e le rimanenti ai cosiddetti vendor di servizi e prodotti per la loyalty e il crm (fornitori in ambito premi e promozioni, agenzie di loyalty strategy, fornitori di marketing automation, servizi di analytics e simili), fotografa ogni anno la situazione delle strategie “customer focused” in Italia, che le nostre analisi studiano permettendo di individuarne i percorsi evolutivi per il futuro.

Quest’anno è emerso chiaramente un parallelismo tra quanto accade nel nostro paese e sulla scena internazionale: l’app è il centro degli investimenti di fidelizzazione, e a ragione, giacché, a fronte di audience più contenute rispetto ad altri touchpoint, ha un pubblico in maggiore crescita e molto più ingaggiato. Walmart, per esempio, ha segnalato che il tasso di crescita degli utenti della propria app è del 7%, contro il solo 2% del sito web, ma soprattutto il numero medio di accessi al mese per singolo utente, che può darci un’idea dell’ingaggio, è 3 per il sito e 22 per l’app, equivalenti a 26 minuti al mese per il sito e 69 per l’app. Così come l’investimento sull’app è un segnale chiaro di orientamenti futuri, altrettanto chiara è la volontà d’introdurre un numero maggiore di servizi riservati ai membri del programma oppure anche solo ai clienti registrati, per dare loro supporto in una o più fasi della customer journey. Forrester, nel 2024, aveva rilevato, in uno studio che è da allora molto citato, che il 74% dei clienti si ingaggia volentieri con il programma fedeltà anche se non si trova nel momento dell’acquisto.

Uno studio accademico di Steinhoff e Zondag,Zondag, pubblicato sul Journal of Business Research nel 2021 e condotto sui membri di un programma fedeltà del mondo supermercati, ha trovato che il programma fedeltà deve svolgere funzioni diverse nelle diverse fasi del processo di acquisto. Specificamente, nella fase pre acquisto i loyalty program devono svolgere un ruolo di facilitatori del processo, durante l’acquisto stesso devono contribuire ad aumentare il valore che il cliente ne deriva (per esempio tramite l’applicazione di sconti mirati) mentre nella fase post acquisto quello che il cliente vuole è rassicurazione sull’acquisto fatto.

L’elenco a fianco riporta i servizi più citati dai partecipanti alla ricerca (risposte aperte) da loro recentemente introdotti o che verranno introdotti a breve a supporto della journey dei clienti. Si va dalla possibilità di prenotare prestazioni (consulenza personale in punto di vendita, tolettatura pet, seduta con make up artist, personal shopper e altro) a servizi per un migliore controllo delle proprie spese/consumi e risparmio, al supporto all’esperienza di redemption dei premi loyalty (prenotazione dell’appuntamento per ritiro premi, verifica disponibilità del premio in store, storico dei premi e dei punti redenti nel tempo). Su questo ultimo tema, risulta singolare che nessuno abbia introdotto la possibilità di dare un voto al premio ricevuto e/o all’esperienza del ritiro stesso: potrebbe essere un piccolo servizio aggiuntivo a cui pensare, che restituirebbe insight molto utili per le scelte degli anni successivi in tale ambito.

Certamente, per sviluppare nuovi servizi da mettere a disposizione del cliente è necessario avere ben chiaro come si sviluppa la sua journey, il che richiede certe competenze all’organizzazione: innanzitutto bisogna essere in grado di mappare le customer journey, e questo a sua volta richiede che si sappiano integrare dati di cliente raccolti su diversitouchpoint in un’unica vista. Abbiamo chiesto ai partecipanti come si valutano su questi due fronti ed emerge che il 49% è abituato a mappare le customer journey – un dato nettamente superiore al 19% rilevato 10 anni fa dallo stesso studio – e il 60% si dichiara in grado di integrare i dati in un’unica vista cliente.

Quest’ultima capacità è quadruplicata in 10 anni, ma il 60% nasconde situazioni molto diverse, che vanno dal 37% nell’ambito dell’industria del largo consumo al 73% dei servizi, passando per il 63% del retail. La volontà di rendere l’app (e il programma fedeltà con essa) un hub di servizi di valore per il cliente ci testimonia che la loyalty assume sempre più valore strategico. Il 79% dei manager dice che la propria azienda oggi dà più valore alle relazioni con i clienti, rispetto a cinque anni fa, e il 77% che la fidelizzazione ha acquisito maggiore priorità.

L’insight di cliente arriva oggi anche ai vertici aziendali per il 62% degli intervistati (un dato che è quadruplicato, rispetto alla rilevazione dell’Osservatorio del 2015) e il 54% è oramai abituato a prendere le decisioni strategiche utilizzando l’insight proveniente dai dati di cliente. L’approccio più diffuso per realizzare l’orientamento strategico alla fidelizzazione è quello di un programma fedeltà (presente nel 71% delle aziende intervistate), mentre il 29% utilizza altri approcci meno formalizzati, come per esempio il crm. Tra coloro che hanno un programma fedeltà, il 57% lo vede come un centro di profitto, e il 43% come centro di costo. Un dato sostanzialmente invariato negli anni recenti, e sostenuto soprattutto dalla convinzione del settore dei servizi, dove il 75% vede il programma loyalty come centro di profitto. Un ultimo segno molto incoraggiante della visione della loyalty come orientamento strategico è che siamo arrivati a un 68% di aziende che calcola un vero e proprio roi del programma fedeltà: un salto in avanti di 20 punti percentuali rispetto a un anno fa.

Cristina Ziliani

È professore ordinario di Marketing all'Università di Parma, dove insegna Loyalty marketing e Customer relationship management. Dal 1999 è responsabile dell’Osservatorio Fedeltà dell'Università di Parma. È autrice di oltre 60 articoli scientifici e 5 libri sui temi del loyalty marketing e data driven marketing. Nel 2020 ha pubblicato con il collega Marco Ieva, per l'editore internazionale Routledge "Loyalty Management: from Loyalty Programs to Omnichannel Customer Experiences". www.osservatoriofedelta.it