Qualche mese fa, stavamo lavorando all’ennesimo concorso nazionale, uno di quelli classici: regolamento, fideiussione, piattaforma web, tutto secondo dpr 430/2001. A un certo punto, la domanda di routine: “Vale anche per San Marino, giusto?” Non più. Senza troppi preavvisi, la Repubblica di San Marino ha deciso di cambiare le carte in tavola.
Con un semplice decreto delegato, ha introdotto una propria regolamentazione per i concorsi a premio, che si applica anche se l’iniziativa nasce e si svolge in Italia ma coinvolge punti di vendita sammarinesi. Tradotto: non è più sufficiente rispettare le regole italiane. Serve una richiesta formale di autorizzazione all’Ente di Stato dei Giochi, con burocrazia tutta a parte, moduli cartacei, marca da bollo da 15 euro, tempi di risposta fino a 30 giorni. E no, non si può usare la pec. Il colpo di scena? Le domande devono essere presentate da soggetti con sede legale a San Marino.
Quindi un’agenzia italiana – come Promosfera, per intenderci – non può nemmeno inviare la richiesta direttamente. Ora, la Repubblica del Titano ha tutto il diritto di legiferare in autonomia. Ma ci si chiede: perché questa decisione, così all’improvviso, senza coordinamento con l’Italia, né comunicazioni preventive?
San Marino è un microstato completamente circondato dal nostro paese, con cui condivide rapporti economici, culturali, giuridici e – almeno sulla carta – anche di amicizia. Lo dice chiaramente la Convenzione italo-sammarinese del 1939, all’art. 4: “I cittadini di ciascuno dei due stati saranno ammessi, nel territorio dell’altro, all’esercizio di qualsiasi industria, commercio, professione o arte, e potranno accedere a qualsiasi pubblico impiego a parità di condizioni con i nazionali”. Peccato che, a quanto pare, l’Ente Giochi abbia ignorato o dimenticato l’esistenza della convenzione. Quando l’abbiamo citata in un confronto diretto, ci hanno risposto di non esserne a conoscenza.
Così, oggi ci troviamo davanti a una situazione paradossale: se organizzi un concorso italiano che include anche San Marino, sei fuori norma se non chiedi il permesso, e ottieni il via libera ufficiale, anche lì. E non è una formalità: l’ente può sanzionare l’organizzatore, anche se ha fatto tutto correttamente secondo la legge italiana. La buona notizia? La nuova normativa prevede un’esclusione: i concorsi con un montepremi considerato “di modesto valore” – cioè, fino a 5.000 euro al giorno o 9.000 euro al mese – non devono passare al vaglio dell’ente.
Una finestra operativa utile, soprattutto per iniziative più snelle o promozioni locali. In un mondo che corre verso l’integrazione digitale, in cui persino l’Europa tenta di armonizzare normative e procedure, il piccolo stato incastonato tra Emilia-Romagna e Marche ha deciso di alzare un confine. E lo ha fatto in silenzio, lasciando aziende, promotori e agenzie a cercare risposte, spesso invano. Per chi lavora in questo settore, l’insegnamento è chiaro: non dare mai nulla per scontato, nemmeno se San Marino sembrava una semplice estensione dell’Italia. Perché a volte, anche un territorio di 61 chilometri quadrati può cambiare le regole del gioco.

