Personalizzazione e Ai, così la loyalty evolve verso nuovi modelli

Peo Nascimben14/07/2025

C’è una distanza crescente tra ciò che i clienti si aspettano da un programma fedeltà e ciò che molte insegne continuano a offrire. Lo conferma il nuovo studio globale firmato Dunnhumby, “Fidelizzare oggi per vincere domani”, che mette a confronto la visione dei retailer con le reali aspettative del consumatore contemporaneo. Ne esce un quadro articolato ma chiaro nella sostanza: la fedeltà non è in crisi ma è sotto esame, perché non basta più esserci, serve invece essere rilevanti.

Realizzato attraverso interviste a decision maker del mondo retail, sia europeo sia nordamericano, e supportato da dati provenienti da migliaia di consumatori, il report fotografa un momento di svolta: la loyalty, così come l’abbiamo conosciuta fino a pochi anni fa, mostra evidenti segni di stanchezza. I classici modelli a punti o i meccanismi basati su sconti generalisti non bastano più a mantenere il legame e la percezione diffusa è che molti attuali programmi parlino più ai dati che ai clienti.

Loyalty program, per i retailer la priorità è la retention

In un contesto in cui l’elasticità al prezzo è alta e la fedeltà bassa, la vera sfida non è solo trattenere chi già c’è ma comprendere chi non si impegna, chi si muove tra insegne diverse senza lasciarsi davvero coinvolgere. La tecnologia, in questo, offre molte possibilità – intelligenza artificiale, personalizzazione predittiva, touchpoint integrati – ma l’impressione è che il problema non sia più tanto la disponibilità degli strumenti quanto la capacità di usarli in modo rilevante.

Un altro nodo emerso con forza riguarda l’eccessiva standardizzazione. In un mercato sempre più affollato di programmi fedeltà talvolta molto simili tra loro, i retailer più attenti cercano ispirazione in altri settori (per esempio beauty, moda, lifestyle) per recuperare elementi di unicità e coinvolgimento emotivo.

Tra gli insight più interessanti emersi dal report, tre ambiti emergono come determinanti nel ridefinire i contorni della loyalty: sostenibilità, Ai e comportamento.

Sostenibilità, una nuova metrica delle fedeltà

Per un numero crescente di consumatori, la fedeltà non è più legata solo a vantaggi economici ed è invece un tema identitario. Il report Dunnhumby rivela che una quota significativa di clienti si aspetta che i programmi fedeltà riflettano anche valori etici. Sempre più persone desiderano essere premiate per le proprie scelte consapevoli: acquistare prodotti sostenibili, evitare sprechi, scegliere packaging riciclabili, sostenere filiere corte. Questa dimensione di eco loyalty cambia radicalmente il paradigma: non basta incentivare l’acquisto, oggi bisogna riconoscere il valore di comportamenti virtuosi. In Uk, per esempio, oltre il 60% dei clienti afferma che la sostenibilità del retailer influisce direttamente sulla decisione di acquisto. Programmi che premiano chi riutilizza le borse, restituisce i vuoti, partecipa a iniziative ambientali o sceglie opzioni low waste stanno aprendo una nuova frontiera nella relazione tra cliente e marca. Il legame si sposta dal portafoglio alla coscienza.

Intelligenza artificiale: da strumento tecnico a leva relazionale

L’intelligenza artificiale, nel report Dunnhumby, non è solo una tecnologia di backend, semmai un catalizzatore di nuove possibilità. La sua funzione più trasformativa è quella di abilitare una personalizzazione che sia fluida, predittiva e tempestiva. Si passa da un’Ai che calcola a un’Ai che comprende, capace di anticipare i bisogni del cliente e di adattare l’esperienza in tempo reale. Il cuore dell’innovazione sta nel costruire un’interazione che sembri pensata per quella persona, in quel momento e in quel contesto. Invece di inviare lo stesso coupon a tutti, si può proporre un contenuto dinamico, modellato sul comportamento, sulle preferenze, persino sull’umore rilevabile tramite interazioni precedenti. L’obiettivo non è solo essere pertinenti ma creare un’impressione di attenzione reale e quasi umana. Il futuro della loyalty, secondo Dunnhumby, passerà da architetture neurali capaci di apprendere continuamente dai dati comportamentali, emotivi e contestuali. Sarà decisivo il fattore umano, la capacità di progettare journey che uniscano precisione algoritmica e intelligenza empatica.

Behavior-based loyalty: il valore dell’intenzione

Infine, un altro punto di rottura riguarda l’idea stessa di comportamento da premiare. Se fino a pochi anni fa la fedeltà era misurata esclusivamente in termini di frequenza d’acquisto o spesa media, oggi entra in campo una logica più sfumata, più qualitativa. Il report mostra come i consumatori si sentano più riconosciuti e motivati quando i retailer valorizzano il loro stile di vita. Per esempio, scegliere alimenti biologici o plant-based, sperimentare nuovi prodotti locali, ridurre il consumo di plastica, partecipare a survey, lasciare recensioni, interagire sui canali digitali: sono tutte azioni che raccontano un profilo, un’intenzione, una preferenza. E meritano riconoscimento.

Il punto di vista dei clienti nel report Dunnhumby

Dalle ricerche parallele condotte da Dunnhumby in Italia, Francia, Spagna e Uk, emerge dal punto di vista dei clienti una domanda chiara di rilevanza: la customization non è più un valore aggiunto ma una richiesta esplicita. Quasi un cliente su quattro afferma di aver effettuato acquisti non pianificati in risposta a un’offerta personalizzata e, in mercati come il Regno Unito e la Francia, questa forma di comunicazione è percepita come più efficace addirittura della pubblicità televisiva. Inoltre, cresce anche il peso degli aspetti comportamentali e sempre più consumatori dichiarano di voler essere premiati non solo per quanto comprano ma per le loro scelte di prodotti sostenibili, di evitare sprechi e di favorire stili di vita sani.

Il report dedica ampio spazio al tema dell’intelligenza artificiale come fattore di cambiamento, non tanto come front-end visibile al cliente, quanto come motore per rendere possibile una personalizzazione dinamica e reattiva. L’obiettivo non è più inviare l’offerta giusta ma farlo nel momento giusto, sul canale giusto e con un contenuto che risulti davvero pertinente per la persona che lo riceve. Una promessa ambiziosa, che però molti retailer iniziano a considerare realistica, soprattutto se supportati da team capaci di coniugare dati e intuizione.

Ma c’è anche un aspetto più umano – sottolineato da Ashwin Prasad, ceo Uk di Tesco – che nel report racconta l’evoluzione della classica club card: la fedeltà non si compra ma si costruisce nel tempo con piccoli gesti quotidiani, attraverso un approccio fatto di ascolto, attenzione e coerenza. L’Ai può accelerare i processi ma non potrà mai sostituire la relazione e, semmai, deve servire a renderla più personale e significativa.

Tre domande per concludere

In conclusione, il report pone tre domande che suonano più come provocazioni strategiche che come linee guida operative. Come continuare a distinguersi in un mondo in cui tutti avranno accesso alla stessa tecnologia? Come garantire che il loyalty program resti allineato alle aspettative dei clienti? E, soprattutto, come fare in modo che la loyalty smetta di essere un canale di marketing e diventi davvero una priorità trasversale, capace di orientare prodotto, pricing, comunicazione e servizio?

La risposta, almeno parziale, sta forse nel riequilibrare il rapporto tra efficienza e rilevanza, tra dati e contesto. La fedeltà che funziona non è la più automatizzata bensì quella che riesce a restituire un senso di reciprocità. In un mondo in cui tutto è misurabile, a fare la differenza saranno proprio i programmi capaci di costruire valore autentico, personale e memorabile.

Peo Nascimben

Ha lavorato nelle più importanti agenzie di comunicazione e promozione italiane come project leader, amministratore, bu director e strategic planner. Oggi è consulente strategico di primarie aziende e agenzie.