Finita l’emergenza torna a spirare il vento della sostenibilità

La pandemia è apparsa in un momento storico complesso, contraddistinto dalle crisi geopolitiche e da guerre doganali tra i principali blocchi mondiali. Il mondo si è fermato (o quasi) ed è cresciuta la paura prima per le conseguenze sanitarie della pandemia, poi per quelle economiche. Ma che ne è di tutti i dibattiti sulla sostenibilità? Si sa: da sempre chiodo scacchia chiodo. Tuttavia le cose non sembrano essere andate proprio così. In molti hanno avuto la sensazione che il lockdown abbia prodotto effetti positivi sull’ambiente: l’aria appariva più pulita, la natura pulsante. Il fermo forzato in Italia ha fatto registrare una riduzione delle emissioni di CO2 e le immagini di fiumi e mari limpidi, della fauna libera di circolare in luoghi insoliti, hanno avuto ampio spazio sui social e nei media, diventando spesso virali, segno di un forte interesse. D’altro canto, la pandemia ha rimesso al centro la necessità di avere prodotti sicuri, di preservare oggetti e cibo da contaminazioni tramite l’adozione di mascherine, guanti e confezionamenti che inducono tranquillità.

In assoluto oggi la grande maggioranza della popolazione globale dichiara di essere aperta all’adozione di comportamenti più sostenibili e chiede alle aziende di essere attente al tema. In Italia, il 72% degli abitanti ritiene che, nel lungo periodo, il cambiamento climatico produrrà una crisi ben più grave di quella generata dal Covid-19 e il 63% è a favore di una ripresa economica fortemente green. Il Covid-19 e le sue conseguenze economico-sanitarie non sono accettate come modi di eludere la questione.

Il 71% degli italiani afferma che il Governo perderà il proprio consenso se non aderirà alla lotta al cambiamento climatico al più presto e il 66% non voterà chi non affronta in maniera seria tale problema.

È evidente che anche le aziende debbano continuare senza timidezze nella direzione intrapresa, ascoltando il consumatore che, auspicando una generale presa in carico dei problemi, le mette al primo posto. L’85% degli italiani afferma infatti che, in seguito a questa crisi, cercherà di acquistare prodotti più salutari e a minor impatto ambientale; il 75% in futuro farà i propri acquisti più vicino a casa, a chilometro zero, anche per sostenere le attività locali; il 58% presterà maggiore attenzione al packaging, cercando di evitare prodotti con confezioni sproporzionate. Infine, un italiano su due cercherà di ridurre l’utilizzo dell’automobile, incrementando il proprio uso dei mezzi pubblici e della bicicletta o spostandosi a piedi. È forse questo il momento, l’occasione data, in cui sarà possibile ripensare effettivamente alle strategie globali, nazionali, locali, aziendali e individuali in ambito ambientale- economico-sociale che possano segnare un cambio di rotta rispetto a quanto fatto fino a ora? La pandemia rappresenta dunque, nella sua tragicità, una spinta verso un mondo più sostenibile: l’80% dei manager delle grandi multinazionali, intervistati nel Reputation Council di Ipsos, ritengono che questa tendenza sarà irreversibile. E forse tanto dolore non sarà stato vano.

Andrea Alemanno