L’uscita dalla crisi si intravvede ma gli italiani sono diffidenti

 “La crisi c’è, ma non per me” sembra essere il motto che nascostamente recitano molti italiani, un po’ per esorcizzare la paura degli ultimi anni, che ancora sfiora con un lembo i loro pensieri, un po’ perché il 2015 appare come un anno di svolta: un cambiamento vissuto nel quotidiano, piuttosto che riconosciuto universalmente. Il sondaggio Ipsos-Acri 2015 mostra che per gli italiani, invitati a riflettere sulla situazione attuale, l’uscita dalla crisi continua ad apparire lontana, circa 5 anni. Al contrario, il quadro è di chiaro miglioramento nello specifico della situazione delle famiglie: a una confortante contrazione del numero di famiglie colpite direttamente dalla crisi (30% nel 2013, 25% nel 2015), si accompagna un’importante crescita della soddisfazione economica; in particolare i soddisfatti della propria situazione economica (55%) superano – per la prima volta in 5 anni – gli insoddisfatti di ben 10 punti percentuali (45%). Il 2015 segna, inoltre, la riscossa per le prospettive del Bel Paese: il miglioramento più rilevante lo hanno proprio le aspettative sulla situazione italiana, con il saldo tra ottimisti e pessimisti che passa dal – 15 dello scorso anno al + 9 attuale, un miglioramento di 24 punti percentuali, trainato in prevalenza dal nord-ovest. Nel 2015 migliorano le prospettive personali (specie per i giovani) e torna quindi la voglia di consumare: molti italiani paiono voler così festeggiare la fine di un periodo di seria preoccupazione, concedendosi qualche lusso da tempo agognato e rimandato. Nel pieno della crisi l’atteggiamento parsimonioso del consumatore è stato determinato, quando non dal bisogno, da due grandi forze: la ricerca di consumo responsabile, ossia una traslazione verso un consumo differente, e la mancanza di fiducia nel futuro. Oggi la situazione degli italiani può essere semplificata in questo modo: da una parte ci sono coloro che sono stati effettivamente colpiti dalla crisi, e continuano ad adottare una forte razionalizzazione delle proprie spese; dall’altra ci sono coloro che non sono stati colpiti dalla crisi, ma che per anni hanno compresso i consumi, per timore del futuro e per evitare il consumo esibitivo. Tali individui ora tornano a consumare, anche se in modo più cauto e sostenibile rispetto a prima della crisi: stiamo infatti assistendo a una decompressione del consumo rimandato. Chiari segnali sono arrivati dalle vacanze estive: sono aumentati sia gli italiani in vacanza sia i giorni di ferie; le spese s’indirizzano ora soprattutto verso elettronica e telefonia, prodotti alimentari e spese per l’auto, anche se – coerentemente – rimane ancora meno fruito il fuoricasa. Nella normalizzazione della situazione, anche il risparmio fa la sua parte. Per il terzo anno consecutivo è in crescita (di 4 punti percentuali) la quota di italiani che sono riusciti a risparmiare: passano dal 33% del 2014 al 37% attuale, il dato più alto dal 2010 a oggi. Inoltre, The ‘Brick Strikes Back’! Infatti, nel 2006 la quota di coloro che vedevano nel mattone l’investimento ideale era il 70%, dato velocemente sceso fino al 24% del 2014. Si assiste, però, a una risalita di ben 5 punti del dato 2015, che raggiunge il valore del 29%, e l’immobiliare torna di nuovo a essere l’investimento più agognato nel centro e nel sud. Forse ora davvero qualcosa si muove. Auguriamoci, dunque, un ottimo 2016.

Andrea Alemanno