Ragione e sentimento, il marketing s’ispiri a Jane Austen

Vincenzo Russo30/04/2021

Come nel romanzo vittoriano “sense and sensibility”, ragione e sentimento spesso si intrecciano. il neuromarketing offre uno strumento diagnostico per isolare i comportamenti inconsci e studiare a priori l’efficacia di una campagna di comunicazione 

Spesso le ricerche di mercato, realizzate con tecniche classiche come questionari, focus group o interviste, non riescono a fornire dati che permettono di prevedere efficacemente il comportamento di acquisto dei consumatori. Un report di ricerca di Nielsen del 2015 riportava un dato particolarmente critico relativo al lancio di nuovi prodotti in Europa dal 2011 al 2014, segnalando che su 8.650 nuovi prodotti dopo un anno quelli che superano la prova di accettazione da parte del mercato sono circa l’1%. Eppure, prima del lancio sono stati studiati attentamente. Probabilmente con tecniche d’indagine tradizionale, in grado d’intercettare solo la parte razionale del dichiarato, che a volte non coincide con il comportamento di acquisto, guidato spesso dalle emozioni. Ciò vale per esempio per i prodotti alimentari funzionali.

Nessuno mai negherebbe l’interesse “razionale” ad avere un altro prodotto che fa bene alla salute nel mercato, peccato che secondo i dati più recenti, tratti dalle indagini di mercato e citati anche dalla letteratura scientifica (Bimbo e altri, 2017), circa il 70-80% di questi prodotti, apprezzati razionalmente, vengono ritirati dal mercato perché non superano la prova dell’interesse dei consumatori. Nel libro del 2013 “Consumerology” Philips Graves riporta numerosi casi in cui vi è un aperto contrasto tra ciò che viene dichiarato razionalmente e il vissuto reale delle persone; così spesso si hanno dati di ricerca che prefigurano, per esempio, il successo del prodotto e i dati reali di selling out che vanno in una direzione opposta. Lo stesso vale nel caso contrario in cui il prodotto viene valutato di poco interesse (razionalmente) e poi in realtà ottiene un grande successo sul mercato, cosi come è accaduto per la bevanda Red Bull, per il Baileys, per il Bancomat in Australia e per il Walkman di Sony.

Il rischio di errore nel lancio di nuovi prodotti si riduce integrando i metodi di analisi tradizionali con le tecniche neuroscientifiche

Stiamo parlando di un annoso problema, dovuto non solo a meccanismi di desiderabilità sociale, ovvero a quell’esigenza di offrire ai ricercatori un’immagine positiva di sé e dei propri comportamenti di acquisto, ma anche a ciò che già negli anni ’50 del secolo scorso il pubblicitario David Ogilvy aveva detto: “Uno dei più grossi problemi nel campo delle ricerche di mercato è che le persone non pensano ciò che sentono, non dicono ciò che pensano e soprattutto non fanno ciò che dicono”. Si tratta di una frase di grande effetto che indica, da una parte, la consapevolezza che il cervello dei consumatori si attiva in maniera inconsapevole, più di quanto abbiamo sempre ipotizzato, e, dall’altro, che la dimensione emotiva ha un ruolo determinante nelle scelte, spingendo i consumatori ad agire diversamente da come hanno dichiarato razionalmente. Il neuromarketing, in questo panorama, si offre come una rigorosa strategia scientificamente valida, sia per l’analisi dell’efficacia di stimoli emotivamente coinvolgenti sia per lo studio dell’efficacia comunicativa delle soluzioni di marketing, dal packaging agli spot pubblicitari, potendo intercettare la dimensione emozionale.

I dati rilevati con le tecniche neuroscientifiche integrati a quelli raccolti con metodi razionalizzanti di tipo classico permettono di ridurre il rischio di errore nel lancio di nuovi prodotti o nella proposta pubblicitaria e di marketing. Attraverso tecnologie in grado di misurare direttamente l’emozione, come per esempio un elettroencefalogramma e i misuratori dell’attivazione fisiologica, è possibile valutare qualsiasi attivazione, anche quella più inconsapevole alle stimolazioni, e avere un’oggettiva valutazione dell’efficacia comunicativa ed emozionale di uno stimolo. In un recente studio condotto presso il Centro di ricerche di neuromarketing dell’Università Iulm per Danacol, lo yogurt di Danone, ci siamo accorti del valore predittivo dei dati di analisi rilevati con tecniche neuroscientifiche e dell’importanza dell’integrazione dei dati razionali ed emozionali. Il progetto nasce dall’interesse di Danone di valutare l’efficacia comunicativa di due storyboard per il lancio di un nuovo spot pubblicitario.

Oggi l’uso di animatic (lo storyboard montato in sequenza con l’aggiunta di una traccia sonora), quanto più possibile simile allo spot finale, permette di analizzare i passaggi narrativi o scelte creative più efficaci per creare engagement emotivo nei consumatori. Questa soluzione consente di contenere sia i costi di produzione sia quelli dovuti a eventuali modifiche di storytelling o di scene in fase di produzione. Da questo esame, che ha messo alla prova i due storyboard, si è rilevato quale avrebbe avuto successo e quali passaggi narrativi mettere in evidenza. Dal punto di vista strumentale, lo studio ha utilizzato i dati di tracciamento oculare (tramite tecnologia eye tracking), di lettura delle microespressioni facciali (per mezzo di un software di face reading), dei valori di attivazione neuropsicofisiologica (conduttanza cutanea ed elettroencefalografica) unitamente a quelli provenienti dalle tecniche tradizionali (intervista in profondità). Il risultato ha confermato, a livello di mercato, quanto indicato dagli strumenti neuroscientifici. La scelta e il lancio dello spot con la narrazione risultata più convincente con tecniche neuroscientifiche ha avuto un importante effetto sulle vendite del prodotto, che in poco meno di un anno sono passate da -20,2% a +3,3%.

Da questa positiva esperienza è nata una specifica richiesta di valutare, sempre in formato animatic, uno spot che la stessa azienda aveva lanciato un anno prima, ottenendo risultati negativi in termini d’impatto sul mercato e quindi di vendita del prodotto rispetto alle previsioni rilevate durante la fase d’indagine con tecniche classiche. L’obiettivo dell’analisi neuroscientifica è stato quello di testare l’efficacia emozionale dello spot per valutarne l’eventuale capacità di anticipare l’insuccesso registrato dopo la sua messa in onda. Interessante notare che, a fronte di un dichiarato raccolto al termine dell’indagine neuroscientifica perfettamente coerente con il dichiarato rilevato prima del lancio pubblicitario, i dati neuroscientifici dimostrarono una risposta emotiva molto negativa allo spot. Si tratta di un dato che permette di prevedere il probabile insuccesso della campagna promozionale, come di fatto si è registrato.

Insomma, una nuova conferma che spesso la semplice valutazione del dichiarato razionale rischia di non intercettare il valore predittivo della dimensione emozionale delle reazioni dei consumatori, valutabile efficacemente con le tecniche di neuromarketing.

 

 

Vincenzo Russo

Vincenzo Russo è professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing presso lo Iulm di Milano. È fondatore e direttore scientifico del centro di ricerca di neuromarketing Behavior and Brain Lab (Iulm) e direttore scientifico del master in Food and Wine Communication, organizzato in collaborazione con Gambero Rosso, e del Master in Comunicazione e Marketing dello Sport. Oltre a collabora stabilmente come docente al master in management e comunicazione del beauty e del wellness in Iulm, ha diretto progetti di ricerca nazionali e internazionali sui temi riguardanti il rapporto tra emozioni, decisioni e comportamenti di consumo alimentare. Autore di libri tra i quali “Psicologia della Comunicazione e Neuromarketing” (Pearson Editore), uno dei più completi testi italiani sulle neuroscienze applicate al marketing, e di studi sui consumi e il neuromarketing pubblicati su Journal of Consumer Behavior, Frontiers in Neuroengineering, in Food Quality and Preference; Journal of Global Information Management, in European Journal of Information Systems, in Food Quality and Preference, in Risorsa Uomo, e nella Collana di Psicologia, Consumi e Società McGraw-Hill