I bargain outlet sfidano il mercato con i loro “affari”

Loris Tirelli20/12/2021

In Italia il fenomeno è agli albori, negli stati uniti si è già affermato e in diversi stati europei si sta diffondendo. si tratta dei format dove si vende merce in liquidazione proveniente da eccedenze, sgomberi di fabbrica, scorte eccessive, puntando su una price promotion continua che coniuga risparmio e qualità.

Vale ancora la frase di Oscar Wilde sul fatto che oggi la gente conosce il prezzo di tutto e il valore di niente? Andare a caccia di promozioni è dispendioso per chi dedica tempo a produrre reddito (tangibile o intangibile che sia) e, in un periodo di crescente preoccupazione per il paventato aumento dellʼinflazione, i formati hard discount spingono le catene classiche verso promozioni sempre più pesanti. Da qui una riflessione: che differenza cʼè tra “price promotion” e “bargain” per usare due noti anglicismi? Nel primo caso intendiamo la tecnica di marketing per cui il prezzo della merce viene ridotto per dare dinamismo alle vendite. Il secondo termine letteralmente signif ca “buon affare” o “affarone”, dato dallʼunione di convenienza e buona qualità.

Il bargain è quindi una price promotion portata allʼestremo. La sostanza non cambia, è solo una questione di grado. Oggi le insegne fanno promozioni di prezzo ripetitive mentre altre semisconosciute aggiungono alle promozioni lʼunicità. Se vi recate al Lago Maggiore Center troverete, di fronte al Conad, Base Duemila che vende, al motto “Di tutto per tutti” e a prezzi ridotti allʼosso, alimentari di marche più o meno note (quali Campiello, Fiorentini, Crich ecc.) che pur compaiono nei supermercati classici. È un esempio di “bargain outlet store”, format di vendita che mette in evidenzia non solo il fattore prezzo, ma anche l’aspetto qualitativo della merce venduta: nel nostro paese sta muovendo i primi passi, ma all’estero ha già una sua storia da raccontare.

Partiamo dagli Stati Uniti, che a quanto pare risultano il mercato ideale per i luoghi nei quali si può vendere ogni genere di prodotto, dai mobili agli elettrodomestici, dagli snack agli articoli sportivi, ottenuti da acquisti di eccedenze, sgomberi di fabbrica, scorte eccessive, sostanzialmente merce in liquidazione. Un classico esempio è rappresentato dalla catena Ollie’s, quotata al Nasdaq con un capitale di 4 miliardi di dollari, che è nota per il suo slogan “merci di qualità a prezzi di realizzo” e sta crescendo al ritmo di 50 nuovi store e 3.000 nuovi dipendenti all’anno, per passare dagli oltre 400 attuali ai 1.000 punti di vendita previsti dal suo ceo, John Swygert. Fondata nel 1981 da Oliver E. Rosenberg e altri amici imprenditori (Morton Bernstein, Mark L. Butler e Harry Coverman), Ollie’s sfruttò l’idea, peraltro non nuova, di Bernstein, dopo la sua precedente esperienza in Building 19 e le attività di destocking fondate sul concetto di “good stuff cheap”. Il primo negozio di Ollie’s fu aperto a Mechanicsburg, vicino a Harrisburg in Pennsylvania, sfruttando il character bonario e sorridente di Rosenberg, un filantropo del Partito Democratico che intravide nella vendita di prodotti a prezzi scontatissimi una grande opportunità per progetti solidali.

L’intuizione, alla base del successo di questi bargain outlet store, fu sfruttare i desideri di una clientela appassionata del “price hunting”: per dirla in parole difficili, è la voracità di merci o la “desublimazione repressiva” del consumismo di cui parlava Herbert Marcuse che si traduce nella tentazione degli acquisti non programmati. Edward Filene lo aveva già capito nel 1909, quando riadattò la parte sotterranea dei magazzini del padre, in Washington Street a Boston, trasformandola nel Filene’s Basement, un vero e proprio scantinato delle occasioni. La prima settimana lo sconto era del 30%, la seconda del 50% e così via, fino a quando il prodotto invenduto veniva praticamente regalato. Una price promotion portata all’estremo, che come fosse un’asta giocava su due fattori: il desiderio di risparmio e il rischio di non trovare più il prodotto. Tuttavia, mentre l’antesignano Marshall Field del 1879 non curava l’ambiente, Filene predispose una buona illuminazione e decorazioni attraenti e oggi il “seminterrato degli affari automatici” è diventato un’interessante attrazione turistica di Boston.

Se gli Stati Uniti sono i più propensi a organizzare e gestire questa tipologia di punti di vendita, è altrettanto vero che essa si sta radicando anche in territorio europeo, in particolare in Francia e Germania. Nel territorio tedesco predominano FoodOutlet24, che ha aperto il suo venticinquesimo punto di vendita a Berlino, e Christoph Scheiding. Quest’ultima catena propone sconti che variano dal 70% al 30% su tutti i prodotti in esposizione (in genere articoli con leggeri difetti di package o prossimi alla scadenza) con un motto inequivocabile, “Kleine Preise noch kleiner”, che si può tradurre con: prezzi ridotti ancora più ridotti. In Belgio, la catena Colruyt prevede anche attività di closeout a Sint-Pieters-Leeuw, dove gli invenduti egli invendibili vengono offerti a prezzi scontatissimi. Da aggiungere che Carrefour, in Francia, ogni lunedì lancia le promozioni “Offres du moment”, nelle quali propone svendite al 70%. Il bargain store francese Noz, con i suoi 296 punti di vendita (con una media di 15-20 aperture all’anno) e 12 piattaforme logistiche, offre scorte di magazzino acquistate in tutto il pianeta ed esposte a prezzi superscontati in un certo disordine che non scoraggia i clienti.

Sotto l’egida della lotta contro gli sprechi, il cliente può razzolare tra libri e dvd, abiti delle precedenti stagioni, gadget elettronici, vini e liquori di varie nazioni, gelati Haagen Dazs e Carte d’Or, pasticceria Melegatti, zuppe Liebig, ma anche marche molto trendy come Ciaté London. Tutto a prezzi irresistibili, anche per coloro che entrano prevenuti e finiscono per acquistare sempre e inevitabilmente qualcosa. All’interno della classifica degli hard discount francesi troviamo anche GiFi (che, al 30 settembre 2020, registrava vendite per un valore di 1,4 miliardi di euro e che possiede 555 negozi, sparsi tra Francia e Svizzera), Stokomani (più di 300 punti di vendita e circa 500 milioni di euro di vendite) e La Foir’Fouille (che con i suoi 240 negozi si è specializzata negli articoli per la casa, per il giardinaggio e per la cura della persona). Max Plus è un’altra catena discount presente sul territorio francese che segue la filosofia del destockage al motto di “Soyez malin, dépensez moins!” cioè “siate maliziosi, spendete di meno!”. Possiamo poi citare anche Oh! Panier Malin!, specializzato nel destockage alimentare, e Action, catena olandese fondata nel 2012 e specializzata nei prodotti alimentari a breve scadenza o con lievi danni alla confezione, provenienti direttamente dalla grande distribuzione francese.

Si diffonderanno anche da noi queste formule dirompenti? Di certo, il meccanismo psicologico alla base dell’“affarone” è la stimolazione di una specifica area del cervello umano, il nucleus ambens, che fa provare piacere dalla ricerca dell’oggetto desiderato. Acquistare, per esempio, gadget, un libro oppure un paio di jeans, secondo Dimitrios Tsivrikos, consumer and business psychologist alla University College London, fa rivivere al cervello umano l’eccitazione dei nostri antenati quando, al termine della caccia, riuscivano a catturare le prede e a cucinarle. Si tratta dei medesimi meccanismi psicologici sfruttati dal Black Friday. È allora facile prevedere che i clienti, eccitati dalla prospettiva di risparmio, aumenteranno e, oltre a cercare le migliori occasioni di risparmio nel web, saranno propensi a entrare più spesso nei bargain outlet store alla ricerca delle loro “prede”. Una tendenza ancor più ipotizzabile qualora dovessero avverarsi malaugurate previsioni d’inflazione per i prossimi mesi tali da determinare una perdita del potere d’acquisto delle famiglie italiane.

Loris Tirelli

Socio della società di ricerca Amagi, ha conseguito una laurea in Scienze Politiche alla Cattolica di Milano e una laurea magistrale in Marketing, Consumi e Distribuzione Commerciale presso lo Iulm di Milano. Fra le esperienze accumulate, ha svolto attività lavorative presso PharmaRad, Market Knowledge, Ciro Fresh Market e presso l’istituto Smart Research.