Il welfare aziendale conferma il ruolo chiave come leva di sostegno al reddito

Redazione25/05/2022

Nel contesto dei grandi cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro negli ultimi 2 anni il welfare aziendale si conferma essere una leva fondamentale di sostegno e integrazione al reddito come anche una misura integrativa di carattere sociale. Questo il dato di fondo che emerge dall’indagine sui comportamenti delle aziende di “Osservatorio welfare 2022“, l’analisi relativa al 2021 realizzata da Edenred basata su un bacino di 530.000 utenti e circa 3.000 imprese.

Come dato generale sulle macro/categorie, il gradimento più alto delle aziende va alle misure generali di sostegno al reddito, con l’81,7% delle indicazioni. Tra i più alti gradimenti sulle misure specifiche di welfare, invece, spiccano i fringe benefit, con l’87% delle aziende che considerano questo strumento di valore assoluto. L’88% chiede, inoltre, che il raddoppio del tetto di esenzione sia rinnovato anche per il 2022. Da sottolineare, poi, una forte domanda di welfare familiare anche a sostegno della natalità: il 92% afferma che la spesa in questo ambito debba essere aumentata.  Dal punto di vista delle nuove tendenze  spicca quella della sostenibilità, seppur ancora in fase iniziale: il 12,5% ha attivato misure di mobilità sostenibile e il 37,5% sta pensando di farlo.

Dall’indagine emerge che il welfare sociale, costituito dagli investimenti per l’istruzione, la previdenza, l’assistenza sanitaria e l’assistenza ai familiari rappresenta una quota del 47,8% del totale della spesa welfare, in lieve contrazione rispetto all’anno precedente (il calo, seppur minimo, è riconducibile alla crescente quota di spesa straordinaria nei due anni della pandemia destinata ai fringe benefit.

Si consolida la performance dei fringe benefit, che nel 2021 rappresentano il 34% complessivo dei consumi di welfare (soprattutto in buoni spesa e buoni carburante). Tendenza di crescita che si era già evidenziata nel 2020 e che riguarda soprattutto l’intervento legislativo che ha raddoppiato i limiti di spesa dei fringe benefit portandoli a 516,46 euro. Una misura che si è dimostrata una leva significativa di sostegno al reddito e ai consumi in un contesto di marcata difficoltà economica.

Per le fasce più giovani del campione (sotto i 39 anni) la ricerca evidenzia il maggiore interesse di spesa del proprio flexible benefit in beni fringe e servizi, ed entro i 30 anni i soli fringe benefit segnano il 65% circa della spesa complessiva.

Ulteriore conferma sul ruolo del welfare viene dal cosiddetto credito welfare procapite, ossia le disponibilità di spesa in welfare da parte dei dipendenti, che anche nel 2021 è pari a circa 850 euro, importo in linea con gli 850 euro del 2020 e gli 860 euro registrati per il 2019. Dato importante anche in relazione al decremento del reddito disponibile delle famiglie come segnalato da Banca d’Italia.

Tra i temi salienti messi in luce dall’indagine vi è quello dell’empowerment femminile – la valorizzazione della figura professionale della donna e, più in generale, delle famiglie, si traduce in una crescita dei servizi aziendali offerti nell’ambito della genitorialità, dell’istruzione/formazione e della salute – e quello della capacità di attrarre i talenti: nella scelta dell’azienda l’offerta di benefit ha peso per oltre il 50% dei rispondenti.

Sul piano delle fonti di finanziamento, nel 2021 si conferma la scelta unilaterale da parte delle aziende nell’implementazione di piani di welfare, che rappresentano il 73% circa delle somme complessive che dispongono i dipendenti; segue il welfare aziendale contrattato con accordo sindacale e vincolato al premio di produttività, con il 20,6% (in crescita rispetto al 2020), e, per ultimo (6,7%), l’erogazione prevista nei contratti nazionali. Si consolida infine la tendenza alla crescita della conversione del premio di produttività monetario in misure di welfare aziendale, in crescita dal 19% dell’anno precedente al 21% circa della spesa nel 2021.

 

 

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