Dazi, abbiamo ricominciato a parlarne. Riapriamo i libri di testo a pagine che avevamo saltato. Globalizzazione e fine della storia sembravano rivoluzioni dalle quali non si sarebbe più rientrati. Riprendo “Macroeconomia” di Blanchard e leggo per sommi capi. “Anni ’30: le svalutazioni non erano efficaci, alcuni iniziarono a difendere i loro prodotti con dazi e tariffe. Il risultato finale fu il collasso del sistema di libero scambio internazionale”.
Non mi sembra una buona premessa per questo articolo. Continua: “Schuman, Adenauer e De Gasperi erano convinti che inflazione e crisi del sistema di libero scambio fossero stati, in misura non piccola, responsabili della crisi delle democrazie europee e della nascita di regimi autoritari nel periodo fra le due guerre”. La situazione non migliora affatto. Finisce: “Ritenevano quindi che uno dei compiti principali delle nuove istituzioni avrebbe dovuto essere quello di creare un sistema monetario capace di evitare fluttuazioni di cambi all’interno dell’Europa”. Lascio al lettore l’interpretazione di quest’ultima parte.
Ci troviamo risommersi da tali dinamiche, e quindi mi chiedo: come possono i retailer affrontare questo nuovo scenario, visto il bagaglio tecnico maturato nell’ultimo secolo? Vorrei proporre tre considerazioni (senza ambizioni di esaustività) per riflettere sul fenomeno. La prima: il distinguo tra chi impone e chi riceve il dazio. Il paese che lo impone vede i propri consumatori subirlo, chi lo riceve, invece, i propri produttori, aziende e lavoratori.
Quindi come retailer mi preoccuperei lato consumatori per le categorie in cui il mio paese lo impone a qualcun altro (potrebbero pagare di più quei prodotti), e lato fornitori per quelle in cui viene imposto (si creerà un surplus quantitativo). Seconda considerazione: realtà vs percezioni. Quel che di solito è centrale nella questione prezzi (il percepito impatta più del reale), avviene sul “made in”: quanti consumatori messicani pensano che siano made in Usa marchi che hanno un qualsiasi inglesismo nel nome? Terza: il ruolo del retailer. Come mi pongo verso i marchi oggetto di dazi? Se la negoziazione non basta, li proteggo o propongo alternative? Dove dovrò intervenire per difendere il potere d’acquisto dei miei clienti? Quali sostituzioni offrirò a quelli più sensibili al prezzo?
Sicuramente la conoscenza dei clienti e delle abitudini d’acquisto avrà un ruolo chiave per rispondere ad alcune di queste domande. Concludo con tre opportunità che penso si possano intravedere: aumento dell’acquisto locale a vantaggio della sostenibilità, nuove partnership con l’industria locale per co-innovare nello spazio che si potrà creare, una possibile crescita nella relazione di fiducia tra retailer e clienti.
