Retail media, siamo all’inizio ma ora serve standardizzare

È il nuovo mantra della comunicazione, capace di far dimenticare la vecchia dicotomia tra above e below the line. È il retail media network – il circuito pubblicitario su tutti i media del retailer – un mercato già affermato negli States dove si stima valga 45 miliardi di dollari, ovvero il doppio della pubblicità tv e il 17% della spesa totale in digital advertising (si legga a tal proposito l’articolo di Cristina Ziliani su questo numero); a livello globale nel 2021 ammontava invece a 77 miliardi di dollari, ossia il 20% del valore totale dell’advertising online, con stime di crescita entro il 2024 fino a 143 miliardi di dollari.

Un’opportunità che però in Italia tarda ancora a decollare. Con qualche eccezione. “Carrefour – sottolinea Flora Leoni, retail media & data partnership director di Carrefour Italia – è un veterano del retail media: siamo stati tra i primi retailer in Europa e in Italia, sull’onda di Tesco e Walmart, a proporre un’offerta integrata di asset di retail media. Nel 2018 abbiamo lanciato in Italia ‘Carrefour media’, una divisione specializzata in grado di offrire agli investitori una serie di touchpoint fisici e digitali che hanno costituito il primo nucleo di quella che nel 2021 sarebbe diventata ‘Carrefour links’ “.

Lanciata a livello globale, Carrefour links coniugava il know how di un retailer come Carrefour alla tecnologia best in class di partner leader che, grazie al proprio stack tecnologico, hanno aggiunto un tassello fondamentale per una proposta media digitale, potenziata dall’estrema rilevanza e granularità del dato di prima parte Carrefour. Grazie infatti alle transazioni, ai dati del cliente e al network di siti ecommerce, social e app, Carrefour è in grado di offrire un patrimonio informativo attivabile molto interessante per l’industria e non solo. “L’obiettivo per il gruppo e per l’Italia – spiega Leoni – non è unicamente quello di aprire una nuova fonte di ricavo ma anche di arricchire l’esperienza dei consumatori veicolando una comunicazione e un’offerta personalizzate”.

L’avventura è solo all’inizio. A giugno del 2023, infatti, è stata annunciata la nascita di Unlimitail, la joint venture tra Carrefour e Publicis che, attiva sul mercato da gennaio 2023, ha l’obiettivo di portare il retail media a un livello successivo. Grazie a uno stack tecnologico potenziato da piattaforme come CitrusAd ed Epsilon, Unlimitail lavora per costruire un’offerta uniforme sul retail media al servizio di retailer e centri media. “La necessità di omogeneità, granularità e verticalità – aggiunge Flora Leoni – è uno dei principali motivi per cui sono convinta che Unlimitail sia la strada giusta per far giungere a maturità un mercato che oggi è ancora monopolizzato dai walled garden e che ha bisogno di trovare presto la sua identità”.

Prima catena di elettronica di consumo in Italia a entrare nel comparto, MediaWorld ha lanciato a settembre la sua soluzione di retail media omnicanale: oltre 1.000 fra touchpoint fisici e digitali per campagne a copertura nazionale sia nei punti fisici sia online, offrendo ai brand strumenti dedicati all’aumento della conversione e relativo miglioramento del roas (return on advertising spend).

“La scelta strategica di entrare in questo mercato – spiega Vittorio Buonfiglio, chief operating officer di MediaWorld – rappresenta un’opportunità estremamente rilavante sia per noi sia soprattutto per i nostri partner che, grazie agli strumenti di advertising avanzati che mettiamo loro a disposizione, possono ora monetizzare direttamente nell’ecosistema fisico e digitale di MediaWorld”. Strumenti che riescono a intercettare un consumatore che si caratterizza per journey ibride e nelle quali i confini fra canale digitale e fisico sono sempre più labili e interconnessi.

“I nostri fornitori partner che hanno già testato le nostre soluzioni di comunicazione – sottolinea Francesco Sodano, head of retail media & trade marketing di MediaWorld – hanno riscontrato una performance superiore alle aspettative, ottenendo un forte impatto sulle vendite sia online sia offline”.

In merito al rapporto tra industria inserzionista e retailer occorre però fare una riflessione. “Guardando a mercati maturi come Cina e Stati Uniti – spiega Paolo Bordini, performance & retail media manager L’Oréal Italy – comprendiamo immediatamente come il potenziale del retail media sia altissimo. Deve essere chiaro però che in contesti come quello italiano occorre partire dalla revisione del rapporto commerciale fra retailer e inserzionista. Si dovrà passare da un rapporto univoco di relazione domanda-offerta a una vera e propria relazione biunivoca, dove da un lato abbiamo un inserzionista in cerca di utenza interessata, visibilità aggiuntiva qualitativamente elevata, dati e misurazione, e dall’altro un retailer che offre soluzioni innovative di pianificazioni sui propri canali proprietari e quindi un punto di contatto diretto con un potenziale consumatore. Sarà quindi possibile andare a combinare dati consumatore online e offline per valutare corrette attribuzioni dei due canali, ma anche prendere decisioni marketing sposando un approccio olistico, dove scaffale tradizione offline e online coesistono, si integrano e portano un valore aggiunto, senza mai andare in contrasto fra loro”.

È proprio per questo che L’Oréal sta già lavorando internamente da tempo per una revisione dei flussi di lavoro da una parte, dall’altra con un’attività tattica e strategica ad ampio respiro. “Il lavoro in termini di riorganizzazione interna dei flussi – spiega Bordini – è importante: parliamo di svariate funzioni in gioco, come media, finance, commerciale ecc., che storicamente erano abituate a lavorare con un approccio consolidato e strutturato e che ora si trovano a collaborare diversamente. Questo rinnovamento del flusso di lavoro è fondamentale per un’azienda come la nostra dove coesistono categorie differenti fra loro, con esigenze e relazioni commerciali variegate: basti pensare il dover passare dal largo consumo, all’ambito professionale, al contesto farmaceutico, arrivando al target lusso delle fragranze. In un contesto così variegato, stiamo avendo la possibilità di testare e mettere a terra varie tipologie di partnership con diversi retailer: da vere e proprie pianificazioni media digitali multicanale a supporto di specifiche attività promozionali, passando per progetti di evoluzione del crm, per arrivare alle più innovative attività di acquisto di spazi adv direttamente sui siti dei retailer attraverso tool di buying automatizzato che si basano sulle parole chiave ricercate dagli utenti; con l’obiettivo di mantenere e migliorare la centralità delle nostre attività sul nostro possibile consumatore”.

In questo contesto il ruolo del centro media può cambiare le carte. “Omnicom Media Group – dice Alessio Di Domizio, head of e-commerce e coordinatore dell’attività retail media in Italia di Omnicom Media Group – accompagna e indirizza i suoi clienti nella costruzione e nel racconto della marca, ma anche in attività di comunicazione che sempre più si avvicinano all’atto di acquisto, con l’obiettivo di incentivarlo. Crediamo però che un approccio focalizzato sul lower funnel rischi di sminuire la capacità della marca di generare interesse, ricerche, acquisti. È per questo motivo che riteniamo di includere il retail media nel più ampio processo di comunicazione della marca, e non di trattarlo in modo isolato. Il retail media sta generando molta attenzione da parte dei brand, anche per la sua promessa di misurare con un maggior grado di precisione l’apporto delle promozioni sulle vendite, avere un grado maggiore di visibilità e una misurabilità più diretta e meno campionaria sui panieri, la price sensitivity, gli andamenti della referenza rispetto alla categoria ecc. Elementi molto rilevanti per clienti endemici, cioè distribuiti presso il retailer, ma anche utili per clienti non endemici, sempre interessati a ottenere nuove prospettive e punti di osservazione sulla clientela target. Una bassa price sensitivity tra gli scaffali della gdo, l’acquisto di farmaci di marca in luogo dei generici, la preferenza per pet food sostenibile… sono tutti elementi rilevanti per le industry direttamente coinvolte ma anche dei proxy interessanti per l’audience strategy di premium brand non cpg. Un primo bivio è relativo all’uso dei dati e degli insight prodotti dal retail media: upper funnel o lower funnel? I clienti non endemici possono sicuramente trovare nel retail media, e in generale nelle audience qualificate da comportamenti di acquisto, elementi utili per una strategia upper funnel, mentre i marchi che operano nei settori di appartenenza dei retailer possono avvalersi dell’offerta retail media anche per finalità di conversione”.

Altro tema di forte rilevanza riguarda la misurazione: kpi media (notorietà, considerazione) o risultati di business? I secondi, misurati/attribuiti in che modo? E poi, con quali modalità e in quali orizzonti temporali attribuire i costi media ai risultati di business, senza mortificare la profitability nel cpg? “Sono domande ancora aperte – spiega Di Domizio – su cui stiamo cercando assieme ai nostri clienti delle risposte e un approccio coerente. Nel mentre ogni retailer si sta equipaggiando con tecnologie proprietarie implementate à la carte. Ne risulta una mancanza di standardizzazione che può ostacolare lo sviluppo del mercato. Anche questo è un tema rispetto al quale stiamo sensibilizzando le marche, con l’obiettivo di assisterle nel cogliere quest’opportunità, domandando gli stessi standard di misurabilità e trasparenza che caratterizzano il resto della filiera media. Omnicom Media Group sta poi operando per la costruzione di partnership e joint business plan con i protagonisti nazionali e internazionali del retail (da Coop a Walmart, da Glovo a Criteo), con l’obiettivo di accompagnare i clienti in questa ‘esplosione cambriana’ di tecnologie e soluzioni retail media”.

E il futuro? Potrebbe sembrare una provocazione parlare di retail media 2.0 ma non troppo, spiega Marco Metti, business development manager di Dunnhumby Italy: “Sappiamo già della consapevolezza circa l’importanza dei dati o meglio della conoscenza dei clienti: conoscere i clienti grazie ai dati consente di organizzare iniziative personalizzate, efficaci, ma soprattutto permette una precisa misurazione. E misurare sarà, anzi è, indispensabile nell’evoluzione delle iniziative di advertising. Il retail media 2.0 è sempre più omnichannel: la sua efficacia infatti è massimizzata dall’impiego sistemico e coordinato di tutti i canali, e la misurazione deve seguire coerentemente. Per i retailer si tratta di un’importante evoluzione, non di rivoluzione. Certo implica impostare e sviluppare un nuovo business, ma il core business rimane tale e si rafforza grazie al retail media, per la focalizzazione verso i clienti e per le nuove risorse che apporta; ultimo ma non meno importante per l’evoluzione delle relazioni tra cpg (fornitori inserzionisti), agenzie media, agenzie creative e retailer. Gli approcci cambiano, emergono opportunità, si richiedono capacità specifiche e soprattutto si generano nuove interdipendenze tra gli attori in campo. I lavori su questo fronte sono ancora in corso e si ricercano efficaci equilibri. Ma questo è il bello del retail media”.

Un’unico backend

Nell’odierno panorama della vendita al dettaglio, dove il regno digitale e quello fisico si intersecano, il retail media è un’opportunità che può essere colta progettando le infrastrutture in modo da massimizzare l’efficacia. “Occorre scegliere con attenzione la collocazione e le dimensioni – sottolinea Leonardo Comelli, chief products and solutions manager di M-Cube – e disporre di un sistema di gestione dei contenuti che consenta di costruire palinsesti capaci di raggiungere i potenziali clienti nei luoghi e momenti più adatti durante il percorso di acquisto. Grazie a Dxp One, la nostra piattaforma di gestione dei contenuti multimediali, gli utenti possono pianificare campagne e gestire vari servizi da un unico backend, dalla prenotazione degli spazi alla supervisione delle operazioni e al lancio delle campagne”.

Dal 2024 un osservatorio

La centralità del retail media nello scenario del mondo della comunicazione è confermata da Davide Arduini, presidente di Una-Aziende della comunicazione unite. “È un tema trasversale così ampio che stiamo cercando di descriverne il perimetro. Un tema che abbraccia tutte le attività di relazione con i clienti e, in generale, tutto quanto produce esperienza”.
E non è un caso che l’Hub Retail, all’interno di Una, sia tra i più numerosi. “Ne fanno parte – sottolinea Maurizio Suzzi, portavoce dell’Hub Retail – agenzie di pubblicità, crm, specialisti di comunicazione in store e fornitori di allestimenti. Anche per questo, dal 2024 promuoveremo un osservatorio per seguirne lo sviluppo”.

Andrea Demodena e Francesca Cannella