Le promozioni di prezzo impazzano
e il crm dove va a finire?
S
e è vero che sono 4 le “P” del marketing, di questi tempi la
leva promotion sembra aver catalizzato l’attenzione di tutti.
Di certo la ricerca del nuovo rimane fondamentale, tanto da
rilevare la nascita di una moltitudine di prodotti a forte valore
per il cliente, così come la pubblicità multicanale che rafforza il
posizionamento dell’insegna. A tutto ciò, però, si contrappone la
guerra dei prezzi e delle promozioni, la più feroce degli ultimi anni.
I consumi calano e l’esigenza è di vendere a tutti i costi, tanto da
chiudere un occhio sulle strategie commerciali e di marketing. Si
vola alti sui concetti di esclusività e di originalità del brand o sui
servizi personalizzati e poi si praticano cut price nazionalpopolari
che mettono a repentaglio non solo il posizionamento di prezzo
(chi compra più il latte a prezzo intero? Perché mutuare i
comportamenti su categorie meno commodity?), ma anche i
programmi di fidelizzazione, con vantaggi sempre meno percepiti.
E allora mi domando: se proprio bisogna dare sconti, perché
non erogarli ai clienti fidelizzati o
comunque sfruttare la promozione per
raccogliere informazioni sul cliente,
con la speranza di ricontattarlo per
coinvolgerlo in operazioni successive a
più alto valore aggiunto per il marchio?
Anche i siti deputati alle vendite
promozionali come Privalia o Vente Privée hanno inventato
l’approccio alle vendite riservate a chi fa parte del club, facendo
così vivere un’esperienza esclusiva e personalizzata. Hanno in
pratica “vestito” la vendita di stock delle aziende in un qualcosa
di cool che non fa perdere valore al marchio. Sono convinta che
il cliente non è alla ricerca della convenienza a tutti i costi, ma
vuole un’offerta accattivante che risponda alle proprie esigenze.
Non solo, aumenterebbe molto di più la sua vicinanza al marchio
se ricevesse iniziative cut price, ma tailor made, ovvero sui
prodotti che più ama. Con l’ecommerce potrebbe essere facile, per
esempio, capire quali sono i prodotti su cui l’utente ha navigato,
rinunciando poi all’acquisto, e mandare poi una newsletter in
cui s’invita all’acquisto in sconto proprio del capo oggetto di
navigazione. E ancora, se anziché dare sconti importanti a tutti,
si dessero sconti ai clienti top spender, si potrebbe ancor più
lavorare sulla share of wallet del cliente, “saturando” così il
suo bisogno di shopping per quella categoria merceologica.
In sintesi, è tempo di depositare le armi delle “promozioni a tutti
i costi”, non solo per salvare i margini, ma soprattutto per dare il
giusto vantaggio al proprio cliente. E per attrarre i nuovi? A volte
basta presentarsi nel modo migliore per imparare a conoscersi,
e spero che non abbiate solo un volantino promozionale per farlo.
*Responsabile crm ed ecommerce di Gruppo Coin
Perché non erogare
sconti solo ai clienti
fidelizzati o comunque
sfruttare la promozione
per raccogliere
informazioni?
FRONT LINE
di Monica Gagliardi*
adottate dai distributori quanto di
variabili sociodemografiche e com-
portamentali.
Siamo sicuri che il pubblico di
riferimento delle aziende in pros-
simità o all’interno dei negozi sia
meno insofferente nei confronti
del bombardamento promozionale
e di comunicazione, troppo spesso
pianificato e indirizzato secondo
logiche che gli americani defini-
scono in modo sintetico “spray and
pray”?
Quando si parla di largo consumo,
i product manager delle aziende e
gli operatori del comparto digitale
sono distanti dalla maggioranza
del pubblico sia a livello anagrafi-
co sia per quanto riguarda i com-
portamenti. Ma anche il pubblico
più giovane e digitale, il quale ap-
prezza le soluzioni che migliorano
la propria esperienza nell’acquisi-
re informazioni o consentono di
semplificare il processo d’acquisto,
tollera ancora meno che in passa-
to l’effetto spamming e qualsiasi
forma di pressione promozionale o
di comunicazione non rilevante e,
quindi, intrusiva.
A testimonianza di ciò una recente
ricerca sui fan di Facebook ha rile-
vato che negli Stati Uniti il “like”
è spontaneo più per ottenere scon-
ti o promozioni (34%) e campioni
omaggio (21%) che perché si è fe-
deli alla marca (14%) o si ha fidu-
cia in lei (11%). Le interazioni sono
sporadiche e si riducono a “like” e
commenti sulla pagina della mar-
ca (2%), stampa di coupon (1%),
raccolta d’informazioni su nuovi
prodotti (3%). Chi i “like” non li dà
è condizionato soprattutto dal ti-
more che le aziende gli riempiano
il newsfeed di messaggi pubblici-
tari (47%), non desidera essere con-
tattato (36%), teme per la propria
privacy (30%). Il 73% ha dato un
“dislike” alla marca perché posta-
va troppo spesso.
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