Solo il 14% delle aziende conosce i propri clienti. I dati dello studio di Minsait e Polimi

Redazione16/11/2022

Solo il 14% delle aziende italiane afferma di conoscere i clienti in modo profondo, mentre solo 1 azienda su 5 sostiene di avere con loro una relazione continuativa e duratura nel tempo. C’è molto da migliorare anche nella costruzione di offerte e servizi omnicanali: solo il 35% delle aziende afferma di svilupparli e il 30% ha punti di contatto con clienti integrati.

A offrire questi dati sulla relazione tra imprese italiane e clienti è il rapporto “La digitalizzazione delle vendite in Italia”, realizzato dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano in collaborazione con Minsait, società di Indra specializzata nella digital transformation e nelle information technologies. L’indagine, presentata il 14 novembre alla Milano Digital Week, ha coinvolto 637 imprese e istituzioni italiane, tra cui 474 medie e grandi imprese di diversi settori, 106 pubbliche amministrazioni centrali e locali e 57 enti sanitari.

Il quadro della situazione migliora leggermente per quanto riguarda l’integrazione tra canali fisici e online. In questo ambito, le imprese stanno lavorando per ottenere una piena collaborazione tra online e offline, valorizzando i singoli punti di forza di ciascun canale. Si assiste, in particolare, a un profondo riassetto dei punti di vendita fisici: da spazi esclusivamente dedicati alla vendita e alla relazione diventano luoghi integrati con i canali digitali. Il 66% delle imprese italiane ha adottato, per esempio, sistemi per verificare la disponibilità di prodotti all’interno dei punti vendita; il 56% ha servizi di home delivery e il 78% offre servizi di click&collect per acquisti effettuati su canali digitali.

Tra i settori, il più virtuoso nella gestione dei canali digitali risulta essere quello bancario e assicurativo: le aziende appartenenti al mondo finanziario sono più evolute da un punto di vista tecnologico, con un’adozione delle singole tecnologie molto al di sopra della media (l’81% ha un data lake; l’80% ha una customer data platform e l’86% dispone di piattaforme di marketing automation). Tra i settori meno maturi vi sono invece quelli del turismo, industria, media e telco.

Tra gli aspetti analizzati nel rapporto c’è anche quello della sicurezza. Stando ai dati del report, tra le imprese che dichiarano di avere canali online di contatto con il cliente il 73% sceglie sistemi basati su un singolo fattore di autenticazione, mentre solo il 13% ha un sistema a doppio passaggio. L’ambito bancario e finanziario è il più attento alla sicurezza nelle interazioni con i clienti, con il 55% delle aziende che si è dotata di sistemi basati su un doppio fattore di autenticazione e il 13% che sta sperimentando sistemi adattivi e ricorso a tecnologie biometriche (9%). Anche la pubblica amministrazione e la sanità hanno lavorato per mettere in sicurezza l’accesso degli utenti ai portali online: rispettivamente il 79% delle pubbliche amministrazioni e il 70% delle strutture sanitarie, che mettono a disposizione sia credenziali proprietarie sia sistemi di identità digitale nazionali (come Spid e Cie).

Appare abbastanza evoluto anche il livello di protezione delle infrastrutture, dove si riscontra un’attenzione rispetto alla ricerca di possibili vulnerabilità di sicurezza che possono interessare le applicazioni in cloud, sfruttabili dai cybercriminali come punto di ingresso ai sistemi. In questo ambito, solamente il 19% sembra non aver stabilito ancora una chiara strategia di identificazione delle vulnerabilità (l’11% tra le imprese sopra i 500 addetti). Guardando alle soluzioni per assicurare la sicurezza e la protezione dei dati, le più diffuse sono quelle afferenti al backup e recovery, che permettono di recuperare la ridondanza e la duplicazione dei dati, in modo da garantirne il ripristino in caso di perdita a seguito di disastro naturale, errore umano, guasto del sistema o attacco informatico. Tali strumenti sono già presenti nell’82% delle organizzazioni e un ulteriore 5% ne sta valutando l’introduzione.

Il rapporto evidenzia infine una limitata diffusione del cloud pubblico nei canali di contatto e vendita: il 64% delle imprese dichiara di gestire on-premise tutti i dati del cliente, mentre un ulteriore 31% decide caso per caso. Solo il 5% conserva e gestisce tutti i dati del cliente nel cloud pubblico. A frenare l’adozione del cloud sono compliance e obblighi normativi (criticità riscontrata nel 58% dei casi), seguita dalla gestione della contrattualistica (49%). Le imprese vedono però nel cloud pubblico un’opportunità appetibile per scalabilità e rapidità d’implementazione, per la possibilità d’integrare in modo semplice funzionalità innovative e di sperimentare a costi contenuti.

L’ambito più propenso all’utilizzo del cloud pubblico è il turismo, in cui i rapidi cambiamenti delle esigenze dei consumatori e l’entrata sul mercato di nuovi player digital native, hanno obbligato anche gli attori tradizionali a valorizzare maggiormente dati e strumenti digitali. Segue l’industria, dove i processi di front-end subiscono un percorso di migrazione più significativo rispetto ai processi core di back-end, su cui si privilegia una gestione dell’infrastruttura tecnologica vicino alla fabbrica.

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