Per le aziende la crisi si potrà superare solo migliorando la relazione con i clienti

Oltre la metà dei brand e dei retailer che hanno partecipato all’indagine dell’Osservatorio Fedeltà UniPr 2020 considera la fedeltà il driver della ripartenza e investirà di più nelle strategie di loyalty e crm e in marketing e comunicazione

Mai come quest’anno abbiamo atteso i risultati dell’indagine annuale sulle imprese italiane e le strategie di loyalty, che l’Osservatorio Fedeltà conduce ormai da vent’anni. I fenomeni nuovi portati dalla pandemia, come l’attenzione all’igiene e alla salute, la necessità di ricorrere all’online, la preferenza per i processi di acquisto contactless, il ricorso a prodotti e servizi disponibili localmente, la centralità della casa come luogo di lavoro, studio e svago – per citarne solo alcuni – hanno prepotentemente modificato i comportamenti dei consumatori e le priorità di breve periodo delle aziende.

Si è letto da più parti come famiglie e aziende hanno fatto in due mesi un salto in avanti nel tempo di cinque anni, per quanto riguarda il digitale. E abbiamo tutti visto la polarizzazione dei dati di fatturato tra i settori “spinti” dalla pandemia, come l’alimentare, e quelli crollati o frenati, come i viaggi o l’abbigliamento.

Cosa significano questi fenomeni per le strategie di fidelizzazione? Noi crediamo che vi sia un’opportunità senza precedenti nell’affidarsi alle strategie e agli strumenti di crm per navigare i tempi complessi che stiamo vivendo. Per l’analisi, innanzitutto, perché è tempo di fare una nuova “fotografia” alla clientela, vedere com’è cambiato il valore attuale e prospettico dei clienti, individuare quelli che ci sono stati, consolidare aggiungere di share of wallet di quelli che si sono avvicinati maggiormente alla nostra offerta, segmentarne i comportamenti in modo nuovo (per esempio chi ha iniziato ad acquistare in più di un canale dell’azienda, continua a farlo, ha smesso di farlo e così via) e sondarne gli atteggiamenti: basta una domanda per costruire uno “score di preoccupazione per il futuro” per ogni cliente, da usare poi per scegliere i messaggi opportuni da veicolare. E per le azioni, perché come vedremo in chiusura, alimentano le relazioni nel tempo e consolidano il rapporto.

Per capire l’importanza assegnata alla fidelizzazione in questi tempi difficili, la prima domanda che abbiamo posto con l’indagine manageriale è stata: “La sua azienda crede che la fedeltà possa essere il driver della ripartenza?”. Il 58% ha risposto “molto o moltissimo”, e il dato sale ulteriormente se consideriamo le imprese che vendono anche online o quelle che hanno un programma di fedeltà formalizzato. È ben chiaro, infatti, in questi contesti, il valore economico rappresentato da clienti che rimangono con l’impresa, rispetto ai clienti occasionali. Un’azienda su due (56%) l’anno prossimo investirà di più nelle strategie di loyalty e crm, e un dato simile si rileva anche in merito all’aumento degli investimenti di marketing e comunicazione (53%). In particolare, per fidelizzare, dove verranno fatti i cambiamenti nelle strategie aziendali? Dalle risposte emerge come in primo piano ci sia l’intenzione di cambiare sul fronte degli strumenti di engagement (41%) e della customer experience (37%) e anche della customer insight (32%). Altre aree sulle quali le aziende intendono intervenire sono quelle relative alle misure di performance e alla strategia del programma fedeltà o di engagement. È interessante soprattutto notare che solo il 9% non intende fare nessun cambiamento.

Passando a chiedere ai manager a quali strumenti sono più interessati per realizzare i cambiamenti nella fidelizzazione che si prefiggono, appare chiaro che lo strumento principe è il crm, messo al primo posto da quasi il 40% dei rispondenti. Seguono altri tre strumenti che sono balzati alla ribalta a seguito dei nuovi comportamenti alla pandemia: piattaforme di ecommerce, strumenti per il marketing e monitoring dei social media, e strumenti per il customer journey mapping. Quest’ultima è un’espressione entrata solo da qualche anno nel lessico della lealtà. In particolare, da quando il loyalty management si è orientato alla creazione di fedeltà attraverso la realizzazione di una customer experience di qualità per i clienti, è diventato necessario dotarsi di strumenti per mappare il “viaggio” dei clienti attraverso i touchpoint del brand. La customer experience, infatti, si sviluppa attraverso tutte le occasioni d’incontro tra il cliente e il brand, che chiamiamo touchpoint, e il compito dell’azienda che vuole fidelizzare diventa quello di disegnare dei touchpoint che consentano una journey “senza cuciture”, coerente con la situazione del cliente, con il contesto e con l’immagine di marca. Per farlo è necessario poter personalizzare, collegare i canali tra di loro in modo che risultino integrato e, più in generale, essere in grado di raccogliere i dati tra i touchpoint a livello di singolo cliente e inserire in una vista coerente. e il compito che vuole fidelizzare diventa quello di disegnare dei touchpoint che consentano una journey “senza cuciture”, coerente con la situazione del cliente, con il contesto e con l’immagine di marca. Per farlo è necessario poter personalizzare, collegare i canali tra di loro in modo che risultino integrati e, più in generale, essere in grado di raccogliere i dati tra i touchpoint a livello di singolo cliente e inserirli in una vista coerente. e il compito che vuole fidelizzare diventa quello di disegnare dei touchpoint che consentano una journey “senza cuciture”, coerente con la situazione del cliente, con il contesto e con l’immagine di marca. Per farlo è necessario poter personalizzare, collegare i canali tra di loro in modo che risultino integrato e, più in generale, essere in grado di raccogliere i dati tra i touchpoint a livello di singolo cliente e inserire in una vista coerente.

Con la nostra indagine abbiamo quindi voluto verificare un punto sono le aziende italiane su queste tre frontiere, che rappresentano altrettante condizioni preliminari per poter gestire efficacemente l’esperienza. Per quanto riguarda la personalizzazione dell’esperienza del cliente, il 62% delle aziende utilizza i dati del crm, seguiti dai dati storici delle transazioni e dai dati del programma fedeltà. Sono però davvero tante le fonti di dati utilizzabili. Alcune mostrano crescente diffusione, rispetto all’anno precedente, altre entrano per la prima volta nel “radar”, come è il caso dei dati da smart device e iot, utilizzato al momento solo dal 3% delle aziende, ma destinati a un uso più diffuso, con lo sviluppo dell’internet of things.

Passiamo ad analizzare i servizi di omnicanalità per un’esperienza senza cuciture. Da quattro anni l’Osservatorio ha iniziato a monitorare la diffusione di quelle soluzioni, denominate “drive to store” o “drive to web”, che il cliente di godere di servizi aggiuntivi spostandosi senza sforzo dal negozio fisico all’online e viceversa. Basti pensare al click & collect, offerto oggi dal 46% delle aziende, oppure alla consultazione in negozio dell’assortimento esteso tramite un chiosco o un tablet, oppure al couponing geolocalizzato su mobile (13%). Quest’anno le aziende italiane hanno colmato un ritardo su questo fronte, spingendo l’acceleratore sull’adozione di queste soluzioni. Rispetto al 2019 alcuni servizi sono cresciuti in modo significativo: il 22% delle aziende permette di prenotare online un appuntamento con il personale del negozio fisico; il 25% di controllare online la disponibilità di un prodotto in negozio; il 33% da restituire nel punto di vendita acquistato fatto online. Va detto tuttavia che il presupposto di tutti questi servizi è la tracciabilità del singolo cliente nei suoi spostamenti tra touchpoint, attraverso una sorta di id cliente. Oggi solo due aziende su tre sono in grado di farlo: potrebbe sembrare un dato elevato, ma visto che si tratta di aziende che sono già multicanale offline e online ci si aspetterebbe che fossero ancora di più. Ed è su questo fronte che è necessario investire. Anche il rispetto alla capacità di raccogliere e integrare i dati tra touchpoint vi è ancora molta strada da fare: solo un’azienda su quattro conferma di raccogliere abitualmente i dati individuali del cliente nei diversi touchpoint o provenienti da diverse funzioni aziendali, integrare in un’unica vista il cliente ed essere in grado d’integrare anche le fonti esterne. Meno di una su cinque poi è abituata a usare l’insight di cliente per le decision strategiche, anche se il top management è ormai allineato e impegnato sul fronte del customer experience management. Nonostante le carenze registrate e su cui c’è da lavorare, l’importanza della fidelizzazione del cliente è considerata una leva strategica nella cultura delle aziende italiane e vi si dedicano crescenti risorse di marketing e impegno organizzativo. Probabilmente, visto il proliferare di touchpoint e di strumenti per gestirli, vi è la sensazione di essere sopraffatti da una complessità crescente difficile da governare in un quadro coerente. In tutto questo, la filosofia e gli strumenti di crm rappresentano un’ancora sicura cui affidarsi.

E infatti tutte le domande sugli strumenti che saranno adottati in autunno, se la pandemia potrebbero peggiorare e si ritornasse a situazioni simili a quelle vissute in primavera, le aziende italiane rispondono con indicazioni che potrebbero riassumere con “meno promozioni, più relazioni”. Infatti ai primi posti figurano le iniziative di crm a contenuto non promozionale, il potenziamento degli strumenti di customer care, le dem, gli eventi digitali e la presenza del brand sui social media. Solo successivamente vengono citati i coupon o il cashback nei programmi fedeltà. Un’evidenza, ancora una volta, che le aziende italiane non lasceranno soli i propri clienti, ma la cura del patrimonio relazionale sviluppato negli anni.

Sul sito dell’Osservatorio (www.osservatoriofedelta.it) sono disponibili gli atti dei convegni

Cristina Ziliani

È professore ordinario di Marketing all'Università di Parma, dove insegna Loyalty marketing e Customer relationship management. Dal 1999 è responsabile dell’Osservatorio Fedeltà dell'Università di Parma. È autrice di oltre 60 articoli scientifici e 5 libri sui temi del loyalty marketing e data driven marketing. Nel 2020 ha pubblicato con il collega Marco Ieva, per l'editore internazionale Routledge "Loyalty Management: from Loyalty Programs to Omnichannel Customer Experiences". www.osservatoriofedelta.it